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giovedì 15 settembre 2011

«Laguna del tigre» ossia un’esperienza persa.

Athos Turchi

Ricordate che alcuni anni fa, mi pare nel 2008/9, abbiamo inviato lettere di protesta per quanto lo stato guatemalteco faceva nella zona dell’ alto Peten proprio al confine col Messico-Yucatan?
Ebbene si danno sviluppi di quella situazione che sembrava obliata. E’ proprio di pochi giorni fa, e penso la notizia sia uscita su molti giornali – spero anche – italiani che il Governo Messicano ha inviato viveri e tende ad alcune migliaia di profughi guatemaltechi fuorisciti dai confini di stato e dispersi in vari gruppi nella selva lacandona tra Messico e Guatemala.
Pensavo e speravo di poter andare anch’io domani (lunedì 12) con Ottavio a portare loro viveri da parte del Vicariato Cattolico del Peten. Ma il Vescovo ha inviato un catechista di Flores. Peccato, sarebbe stata una bella esperienza!
Vi riassumo i fatti e quello che sta accadendo.
Circa 30 comunità abitavano in una zona del Peten che fa angolo col Messico nel sud dello Yucatan. Questa zona chiamata «laguna del tigre» circa 13 anni fa fu dichiarata Zona Protetta e parco nazionale che nessuno doveva abitare o lavorare. Le 30 comunità ivi residenti con decreto legislativo sarebbero dovute evacuare e lo Stato s’impegnava a dare loro un altro luogo dove abitare e terreno da coltivare. Nonostante le leggi firmate e controfirmate, lo Stato mai ha concesso niente, mai ha dato loro altri terreni, ma inviava costantemente ordini di sfratto. Questo perdurare di cose ha creato un clima conflittuale tra le comunità che richiedevano «dove dovevano andare» e lo stato che rispondeva che se ne dovevano andare… e su questo niente di nuovo. Il nuovo è subentrato dopo la fine della guerra interna. Infatti altri gruppi sono entrati nella zona esclusiva e assolutamente intoccabile. Questi gruppi sapevano cosa andavano incontro, ma d’altra parte la fame non guarda confini. Il conflitto si è acceso perché lo Stato ha colto l’occasione per scatenare un’offensiva contro tutte le comunità ivi residenti, quelle regolari e quelle irregoalari.
Cerchiamo di capire le ragioni. Il Peten è considerata zona ottimale per il narcotraffico e per far passare il flusso della droga tra sud e nord America. E come tutti sapete vi sono in corso veri e propri conflitti tra cartelli per cercare di dominare il territorio. Questi cartelli hanno delle coperture, e diciamo viceversa: coprono, tante famiglie qui della zona, le più potenti sono 4, le quali tramite le loro proprietà permettono di oscurare il flusso di droga e di uomini, e dai cartelli della droga hanno protezione e soldi e loro riciclo. Mi diceva Ottavio che lo stesso Stato ha emesso – circa due annifa – una mappa sia delle famiglie sia dei movimenti narcos di tutto il Guate, con nomi e cognomi. Questa mappa ben documentata sta alla Capitale, e nessun fa niente: sembra – dice Ottavio – che sia una specie di carta geografica della delinquenza fatta per tutti coloro che decidendo in quale gruppo di delinquenza mettersi a lavorare possano scegliere il migliore. Insomma un documento per tutti quei buoni cittadini che volendosi mettere nella malvivenza possano scegliere bene il gruppo migliore. Dice sempre Ottavio, che in questo documento ci sono citate tutte le famiglie più alte, e anche chi hanno nei loro libri paga, e qui interessante vi sono quasi tutti i politici che corrono per la presidenza.
Ma questo non sembra scandalizzare nessuno. Quando fu rieletto Rios Montt lui stesso diceva nei comizi che aveva ucciso “solo” due uomini e per autodifesa… e vinse le elezioni.
Andiamo avanti. Nel 2001 truppe americane occuparono alcune zone della «Laguna del tigre» perché dovevano proteggere le imprese petrolifere. E il governo che non sapeva nulla, visti i fatti concesse in più la licenza ad altre compagnie petrolifere di aprire i pozzi.
Le 30 famiglie in via di sfratto si inalberarono: come a noi ci mandate via perché è una zona intoccabile e inaccessibile, e poi date licenza alla distruzione di ampie zone forestali per le società petrolifere.
A questo punto le trattative cambiarono linguaggio, da una accettazione di quanto sottoscritto con lo Stato, le comunità non se ne sarebbero andate senza non solo aver una zona dove andare, ma anche alla condizione che dovevano andarsene anche le società. Altrimenti la legge valeva solo per le comunità e non per le multinazionali.
Allo Stato non interessa niente della gente: a livello internazione sottoscrisse una delibera, che vale come legge internazionale, che ogni qual volta si tocca un territorio si doveva consultare le comunità lì presenti, che avevano diritto di voto. Legge mai applicata, anzi ritorta spesso contro le stesse comunità.
Ultimamente il Governo Colon ha rinnovato il permesso di sfruttamento alle società petro. A questo punto le comunità hanno esigito che si presentasse il Governatore del Peten per discutere il problema. Ci sono stati dei disguidi, ma in sostanza procurati dal Governatore che vi è andato ma poi si è pentito ed ritornato via.
Le 30 comunità per farsi prendere inconsiderazione sequestrarono 2 rappresentanti dei diritti umani, che sono lì non si capisce a fare cosa, e dissero che li avrebbero liberati quando il Governatore si faceva vivo. Se ricordate, si fece vivo eccome: inviò le truppe, qualche carro armato, un po’ di cingolati, e «liberò» i 2 osservatori uccidendo due uomini «armati», si di machete che qui lo tengono anche i bambini. Tra l’altro anche gli osservatori erano in un certo senso consenzienti al gioco. Comunque il fatto cambiò le carte in gioco perché venne fuori da parte del Governatore, e del capo dello Stato Colon l’accusa che queste comunità erano colluse col narcotraffico e coprivano di fatto i cartelli di trafficanti.
Qui entra in gioco un elemento nuovo «l’accusa di narcotraffico». Il Governo si è sempre reso conto di stare della parte del torto, e da quello che si vede non gliene può fregar di meno, però a livello internazionale è sempre un neo. Il fatto ora di poter accusare comunità di essere colluse col narcotraffico, come si dice: lo ripulisce, gli dà una veste legale, e lo autorizza a intervenire con ogni mezzo. Uno Stato che attacca la sua popolazione è dittatoriale e sanguinario, uno Stato che elimina i narcotrafficanti è un benefattore non solo per sé, ma anche per tutti gli stati connessi col problema.
Questo, in modo diverso, e rinnovato permette allo Stato guatemalteco di ritrovare i «sani e efficaci» metodi usati nel passato, durante la guerra, e poi «purtroppo» in disuso. Ora invece è possibile di nuovo dispiegare l’esercito per la foresta, fare retate e distruggere i villaggi (così ha fatto) di questi cattivi narcotrafficanti, e cacciarli dalle terre superprotette, intoccabili e inviolabili, che possono essere accessibili solo a società petrolifere e minerarie. Perchè queste non devono avere problemi nel distruggere la zona della foresta ben protetta e intoccabile.
In ragione di queste cose, insomma, alcuni gruppi di persone cacciate dai loro villaggi sono di nuovo (come durante la guerra) scappate oltre confine, in Messico. E lì abbandonate a se stesse, alla fame, alle intemperie, uniche cose che avevano erano dei teloni di plastica.
Il Governo Messicano è di nuovo intervenuto ha portato soccorsi, e ha sollevato il problema internazionale, e così si è venuto a sapere… Il governo Guatemalteco ha risposto: o cosa succede, non ne sapevamo nulla!? Come è potuta accadere una cosa del genere!?!? Prenderemo subito provvedimenti. Nel senso affari vostri! E così è stato. Quelle persone sono ancora in territorio messicano e gli unici aiuti per loro stanno arrivando dalla charitas della chiesa cattolica del Vicariato del peten, e dal governo messicano.
Mi sono perso una bella esperienza di vita.