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venerdì 11 dicembre 2015

DIPLOMI 2015 in PERITO IN ECOTURISMO alla Scuola San Martin de Porres

Il Direttore David Cordón: Voglio ringraziare l'associazione Amici del Guatemala e la sua gente per la loro collaborazione e aiuto. Abbiamo terminato questo anno scolastico 2015 e grazie al vostro sostegno molti giovani hanno la possibilità di continuare gli studi nella nostra scuola. A nome di tutti gli insegnanti che lavorano nella scuola San Martin de Porres un enorma GRAZIE!





mercoledì 25 novembre 2015

Aperitivo di Natale con Amici del Guatemala




Questo Natale 2015 abbiamo la fortuna di avere tra noi P.Ottavio e tramite lui tutta la missione di Dolores che ormai da anni stiamo aiutando. Per questo domenica 20 dicembre abbiamo pensato di ritrovarci per incontrarlo, per un momento di amicizia e condivisione prima del suo rientro in Guatemala. 

In tutti questi anni si è formata una piccola «comunità», noi Amici del Guatemala, fatta da vecchi e nuovi amici, da persone che aiutano dedicandoci parte del loro tempo e da persone che sostengono i nostri progetti! Mi sembra bello che possiamo ritrovarci tutti per uno scambio di auguri natalizi e per l’anno nuovo.

È buono e bello – visti i tempi bui che viviamo – avere un momento in cui ci incoraggiamo e ci sosteniamo gli uni con gli altri nel persistere nel bene, nel non cedere alla tentazione dello scoraggiamento, nel non perdere la speranza per un mondo nuovo e migliore per il quale abbiamo in questi anni combattuto e creduto, formando la comunità che ora siamo.

È un momento difficile e tutti dobbiamo essere protagonisti del cambiamento credere e vivere in prima persona la legalità, l’onestà, la fiducia reciproca. Dunque vediamoci, parliamo, rinfocoliamo la nostra amicizia, affinché l’anno nuovo ci veda ancora protagonisti del bene e della fratellanza di cui la nostra società ha bisogno.

Vi aspetto il 20 dicembre, domenica, per un incontro di amicizia presso la sala Chiostrini di S.Marco, via della Dogana, di Firenze

Athos Turchi

domenica 22 novembre 2015

Progetto di Natale 2015


 


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venerdì 6 novembre 2015

MIGRANTI NEL CENTRO AMERICA: esperienza di P.Ottavio in Guatemala

Il fenomeno delle migrazioni non è solo dell'Europa. In questi mesi siamo stati spettatori impotenti del triste esodo di migliaia di persone disperate, che fuggono dalla distruzione e dalla morte causate dalle guerre.
Anche nei paesi del Centroamerica moltissima gente affronta rischi, pericoli e sacrifici di ogni sorta per giungere negli Stati Uniti, lasciandosi dietro situazioni insostenibili di miseria e cercando una vita decente per le loro famiglie.
Il Petén è luogo di passaggio dei migranti che viaggiano dal Guatemala, Honduras, Nicaragua, El Salvador. La pastorale sociale del  nostro Vicariato ha offerto loro in questi anni un aiuto minimo per il viaggio: di solo andata, se riescono a raggiungere gli Stati Uniti; di andata...e ritorno, a quelli che vengono rispediti. Ma poi ritentano, fino a quando riescono a coronare il loro sogno...Si offrono loro buoni pasto e tikets per passaggi in autobus sino alla frontiera, contatti telefonici con i familiari. Ma tutto questo finora si fa con povertà di mezzi e di personale. La bella notizia è che, grazie all'aiuto della Croce Rossa Internazionale, abbiamo iniziato la costruzione della "Casa del Migrante", uno spazio dove sarà possibile garantire un'accoglienza più formale e organizzata ai fratelli e alle sorelle migranti. Un luogo dove potremo offrire loro un servizio di mensa e alloggio, di accompagnamento medico e psicologico. Dove soprattutto loro potranno sentirsi a casa, sentire il calore dell'amicizia e della solidarietà.
P. Ottavio

mercoledì 16 settembre 2015

PROFUGHI: L’UMANITÀ AL DI LÀ DELLA LEGGE.






Giulio Salvi, titolare dell’hotel Bellevue, in Valtellina, da parecchi mesi dà ospitalità a numerosi profughi. Fa questo secondo la legge e gli accordi colla prefettura di Sondrio. Ma è da quel momento che riceve minacce per sé e per il suo albergo.

Sabato, in tantissime città italiane ed europee, migliaia di persone hanno dato vita alla «Marcia delle donne e degli uomini scalzi», in favore dei rifugiati e migranti,  perché: «È arrivato il momento di decidere da che parte stare», titolava il motivo.

Segni… ma importanti gesti per dire che dietro la copertura di paure e di leggi vi è un popolo che crede ancora nella solidarietà umana, in quella fraternità predicata fin dalla Rivoluzione francese, e che nessuno mai ha praticato.

Dunque: da che parte si sta? Se chiediamo in giro… nessuno è mai contro nessuno, sono sempre gli altri che sono diversi. Diceva una vecchia battuta americana: non sono io razzista, sei tu che sei negro!

L’Italia vive da sempre l’opposizione tra il potere e la popolazione. Per cui abbiamo sempre assistito al fatto che se vi è stato qualcosa di buono e di valido questo è avvenuto non grazie alla politica, ma spesso contro di essa e per lo più in forma estranea. In Germania Angela Merkel ha detto che avrebbe preso i siriani, e subito la politica e la gente si è mobilitata nell’accoglienza. In Italia se vogliamo dimostrare di essere un popolo civile, umano, cristiano, dignitoso, non razzista, il popolo stesso dovrà muoversi, perché non saranno i nostri politici ad alzare i vessilli di umanità che i disperati pensano di vedere. La nostra classe dirigente non ha mai diretto nulla se non i propri interessi, perciò ciascuno di noi è chiamato ad essere protagonista e artefice di un’accoglienza verso questa umanità che chiede aiuto. La marcia dei piedi scalzi che viene dall’Africa, dall’Asia, dall’Oriente ci interpella: da che parte sto?

Tengo i piedi ben chiusi dentro le mie scarpe o i miei piedi si aprono ad accogliere i tanti ospiti che arrivano?

È strano che la povera Italia del dopo guerra aveva posto per tutti, e dopo che si è imborghesita e che avrebbe più possibilità di accoglienza di fatto sembra che non abbia più posto per nessuno.
L’Italia cristiana a parole dovrebbe ora dimostrarlo nei fatti. Dunque ogni cittadino è chiamato a dimostrare da che parte sta, e come – al di là di ogni legge sociale – valga di più la legge della solidarietà umana.

Athos Turchi

lunedì 14 settembre 2015

GUATEMALA ELEZIONI: cosa accade


In Guatemala ultimamente sono accaduti fatti che stanno cambiando repentinamente il panorama sociale e politico del paese. Prima la vice presidente della Repubblica, obbligata a dimettersi perché implicata in un caso di corruzione della Dogana, è stata arrestata e si trova in attesa del dovuto processo. Poi il parlamento ha deciso all'unanimità di togliere l'immunità al presidente della Repubblica, accusato di essere il capo della banda di mafiosi implicati nello stesso caso di corruzione. Ora anche lui si trova in carcere. Intanto la prima domenica di settembre si è svolto il primo turno delle elezioni politiche che si concluderanno alla fine di ottobre (secondo turno) con la proclamazione del nuovo presidente e vice presidente. Due cose interessanti emergono dopo il primo turno:
  1. La massiccia partecipazione dei votanti, che ha raggiunto la percentuale più alta di tutte le precedenti elezioni (sopra il 70%);
  2. Il candidato più votato, che andrà in ballottaggio al secondo turno con il secondo candidato più votato, è un signore che fino a sei mesi fa´ faceva l'impresario ed era comico affermato di film e spettacoli televisivi.
C'è da dire che in questo succedersi incalzante di avvenimenti i cittadini hanno svolto un ruolo determinante. Dal mese di aprile, ogni sabato durante cinque mesi, si sono riuniti a migliaia davanti al palazzo presidenziale per gridare indignati contro la corruzione generalizzata dei politici ed esigere con forza le dimissione del presidente. La loro azione paziente, insistente, con la partecipazione di tutti i settori della società civile, ha espresso fortemente che non sono più disposti a sopportare nessun tipo di corruzione e impunità.

Bisogna giudicare un segnale positivo la coscienza sociale della gente che, dopo anni di repressione e paura, vuole rivendicare il dovuto protagonismo e la partecipazione alla vita democratica del paese.

Come Chiesa siamo parte di questo processo di cambio. La conferenza episcopale del Guatemala ha emesso in questi mesi alcuni comunicati denunciando la mancanza di scrupolo dei governanti, che si arricchiscono sulla pelle dei poveri privandoli dei benefici sociali; orientando i fedeli e le comunità a un impegno etico e alla partecipazione politica nei diversi ambiti della vita sociale.

Nel Petén in questi ultimi anni la pastorale  del Vicariato Apostolico organizza corsi di formazione politica e dottrina sociale per offrire ai laici strumenti di conoscenza e aiutarli a essere cittadini che partecipano attivamente all'impegno della giustizia e del bene comune. Anche a Dolores negli incontri con i catechisti della missione e gli animatori degli altri ambiti di pastorale non mancano i temi sulla politica, sull'organizzazione della società civile e la partecipazione di tutti per promuovere la crescita integrale delle persone.
 
La crisi istituzionale del Guatemala sviluppatasi negli avvenimenti di questi ultimi mesi causa paura in molta gente per l'incertezza dello scenario che si sta presentando, ma può essere un segno positivo di cambio, perché i cittadini non accettano di essere solo spettatori. Hanno dimostrato di voler partecipare alla realizzazione di una vita sociale veramente democratica.
Padre Octavio.

venerdì 11 settembre 2015

PROFUGHI: L’ACCOGLIENZA CHE NON C’ È

Sono di queste ore le notizie che vogliono l’Austria sospendere i treni con l’Ungheria, la Macedonia costruire un muro con la Grecia, la Danimarca chiudere strade e ferrovie dirette in Germania per arginare il flusso dei profughi, l’Ungheria alzare i muri e tirare i fili spinati per fermare la massa di migranti: nessuno li vuole! Le Nazioni dell’Est Europa, che fanno parte della Comunità europea, hanno dichiarato che non vogliono né profughi né migranti. Solo le Nazioni centrali europee dopo migliaia di morti si sono decise ad aprire gli occhi, e, quasi tappandosi il naso, hanno lasciato defluire questa umanità disperata nei loro territori.
Come accoglienza non è granché però alla fine c’è! Che cosa farà questa massa di persone? Dove sarà parcheggiato e lì abbandonato questo popolo che chiede dignità? Le prese di posizione, i rifiuti suddetti e l’indisponibilità manifestate certamente sono dettate dalla paura. Ma paura di che? Facciamo una considerazione con un esempio. Se sento bussare alla porta, apro e mi invadono la casa 5 persone, lì per lì non so che fare, mi viene la voglia di respingerli perché ho paura che mi distruggano tutto. Ma se sono pronto ad accoglierli allora quando arrivano due li metto in una stanza, un altro in salotto, e così via. Ognuno ha il suo posto e così posso dettare loro le regole della casa: colazione alle 8, niente carte per terra, spengere le luci, ecc. L’accoglienza è questo secondo modello. Accogliere vuol dire aver previsto l’arrivo dell’ospite il quale starà a quello che gli si dice se si sente accettato, altrimenti vaga per la casa senza scopo.
È dal 1989 che milioni di persone hanno telefonato all’Europa per dirle che sarebbero arrivate. Ma i nostri politici intenti a dividersi proventi delle tasse, dei poteri, delle poltrone richiudevano il telefono scocciati di questo continuo squillare che arrivava dalla Libia di Gheddafi, dall’Albania, dell’Africa, dal Magreb, dall’Asia…
Ora che l’ospite è alla porta cercano di serrare più che possono. Dove sta la lungimiranza della politica? Com’è che i politici hanno solo ottime capacità e scaltrezza per i loro interessi? Com’è che solo la morte li stacca dalle poltrone acquisite?
Non entro in merito alla questione morale, ossia alle responsabilità che il nostro paese, e l’Europa tutta hanno: sia per questa fuga biblica dalle loro terre di persone povere e semplici, sia per il disinteresse che fin’ora è prevalso per questo fenomeno. Ma se i nostri politici per lo meno avessero ascoltato gli economisti che da anni parlano del calo demografico e del bisogno di giovani e di nuova umanità, avrebbero potuto ora programmare posti di lavoro, case, ambienti dove accogliere i profughi, dare loro dignità e sicurezza, e poi avrebbero scoperto che non sono pirati che assaltano una nave, come fanno pensare alla gente, ma sono una benedizione per chi li accoglie, perché il male e la cattiveria emergono quando nessuno si vuol interessare di essi e della loro disperazione. Li lasciamo ignominiosamente abbandonati nelle loro angosce, umiliati e svuotati di tutte quelle qualità e capacità che ogni persona umana possiede, e poi ci domandiamo perché rubano o sono malviventi? E cosa altro possono fare oltre a morire di fame? Se li buttiamo nel ripostiglio della casa capiscono che non li accettiamo e allora come possono aiutarci, come ringraziarci, come collaborare? Dobbiamo dire ai politici che noi vogliamo queste persone, che li trattino al meglio e diano loro dignità, perché sono una umanità che viene ad aiutarci a sopravvivere di fronte alle politiche-spazzatura che ci stanno distruggendo!
Athos Turchi

giovedì 10 settembre 2015

PROFUGHI: una riflessione



Tutti abbiamo visto Aylan riverso sulla spiaggia. Tutti noi siamo i genitori di Aylan, di noi tutti Aylan è figlio. È possibile, mi chiedo, che un genitore disinteressatamente lasci morire così il proprio figlio? E anche se vi fosse, è possibile che l’umanità uccida i propri figli e in loro uccida se stessa?
Tutti abbiamo visto il gesto pietoso del soccorritore. Possibile che l’umanità arrivi solo quando c’è da contare il numero dei morti? Ma che mostro orrendo è questa umanità, che divora, come Cronos, i suoi figli? Quando finirà questa follia della guerra, degli odi, delle divisioni, delle opposizioni?
Ma ci vogliono sempre migliaia e migliaia di morti per far capire che la fratellanza, l’amicizia, l’accoglienza sono gesti più belli dell’odio e dell’indifferenza?
Tutti abbiamo visto il gesto pietoso del soccorritore raccogliere il piccolo Aylan, nostro figlio, – faccio fatica a scriverlo –  spiaggiato come un pesce qualsiasi o come una bottiglia gettata in mare. Con lui vi sono le tante migliaia di persone annegate e spiaggiate nell’indifferenza e nella durezza dei cuori di nazioni e di popoli senza pietà e senza anima.

I giornali di oggi 8 settembre riportano in gran parte la “spartizione” di questa umanità che fugge da guerre, da fame, da violenze, dalla morte: 15 mila in Inghilterra, i Siriani in Germania, 30 mila in Francia, e così via.
Chi ci vede invasione, chi ci vede guadagni, chi ne sente paura… insomma nessuno è pronto per accogliere queste vite umane che bussano alla porta.
La gente ha paura della vita. L’umanità intera ha paura della vita. Il mondo ha paura della vita. Non so se ci rendiamo conto di quello che si sente: abbiamo paura della vita! La durezza del cuore e l’indifferenza per gli altri sono nate da quando abbiamo avuto paura dei figli, la desertificazione dei nostri paesi è l’immagine di questa paura. Ma se abbiamo paura dei nostri figli come possiamo accogliere gli altri? Ebbene questa migrazione sembra la vendetta della vita contro la cultura della morte che ormai da una cinquantina d’anni l’Europa sta praticando. Come possiamo avere paura della vita che viene a rinvigorirci, ha ridonarci energia, come una trasfusione di sangue per un moribondo?

I giornali dunque riportano lo sforzo immediato che le nazioni debbono concordare per far sopravvivere (perlomeno) questo immane esodo di uomini. I politici, il Papa, le autorità varie sollecitano l’accoglienza, la disponibilità, per venire incontro al disagio di questa umanità allo sbaraglio. Sforzo notevole, lodevole, ammirabile. Ed è doveroso qui ricordare poi coloro che, contro le stesse leggi politiche, hanno obbedito a leggi umane e divine che sono più degne ed elevate, accogliendo a proprio rischio gente implorante aiuto, senza curarsi di se stessi e dei propri beni. Cito un caso per tutti dell’ex primo ministro ungherese Ferenc, che ha aperto la propria casa a tutti i rifugiati che lì capitavano, contro ogni legge e decreto dettato dal governo Ungherese per arginare il flusso dei migranti. Esempio questo già attuato a Lampedusa e ai confini francesi da tante famiglie che hanno obbedito alla solidarietà e alla misericordia piuttosto che alle leggi inumane dei loro paesi.
Tuttavia manca un piano politico dell’accoglienza, un piano che avrebbe permesso non solo di pargheggiare i migranti, ma di dar loro un posto e un ruolo. Eppure le avvisaglie di questo esodo c’erano state e da anni, senza che nessun politico abbia avuto un barlume di lungimiranza nel capire e programmare un piano di accoglienza degna e umana. Certamente può essere bello mostrarsi caritatevoli, ma è evidente che risulta una forma di elemosina che, per quanto buona, rivela anche l’opposto: ossia la poca attenzione alla giustizia, alla solidarietà, alla uguaglianza tra esseri umani. Tra questi non c’è il ricco e il povero ma c’è quella uguaglianza che rende fratelli. La carità è la forma più grande di rapporto con l’altro perché ne esprime l’amore, ma se si ferma alla elemosina diventa una specie di umiliazione. Ecco perché avevamo bisogno di un progetto d’accoglienza: stanno arrivando i nostri fratelli, non una massa informe d’individui da elemosinare.

Infine dov’è l’ONU? Ossia questa Organizzazione che comincia il trattato sui diritti umani così: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti» e che avrebbe garantito questi diritti a tutti gli esseri umani, a questo punto non si sa più se per presa in giro o per pura chiacchiera.
Dov’è l’ONU quando nazioni saccheggiano e sfruttano altre nazioni rendendo la vita dei popoli impossibile, e poi defilarsi anche quando non si sa più come risolvere il dolore, l’umiliazione, la schiavitù di immense popolazioni in balia di traffici economici e d’interessi politici e di potere? Come può un umanità andare avanti quando fa di tutto  per uccidere se stessa?

Ho visto in Grecia famigliole e persone ben messe e vestite: queste non erano banditi che scappavano dalle patrie galere, queste erano persone che avevano una professione, un lavoro, un ruolo nella società. I bambini andavano scuola, giocavano coi compagni, crescevano nella loro terra… Questi sono dovuti scappare di fronte alla morte. Ebbene vengono da noi e non sono più nessuno, non hanno più dignità, né un ruolo. Magari quell’uomo o quella donna saranno stati un medico, un avvocato… si ritrovano a pulire i vetri a un semaforo. Non so se ci si rende conto della umiliazione, dell’abbandono, dello svilimento che un uomo può sentire per sé e per i propri figli. Ecco perché l’elemosina non è sufficiente, e c’è bisogno di un’attenzione più profonda per questa umanità che chiede solo di vivere dignitosamente.
Ben venga la carità, ma è doveroso chiedere a uno Stato che si vanta di aver abolito tortura, pena di morte e quant’altro, di accogliere dignitosamente e con rispetto tutti coloro che da morte scappano.
Athos Turchi