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VIAGGIO: informazioni pratiche


Capitale
 Città del Guatemala

Moneta
L'unità monetaria ufficiale è il Quetzal, diviso in 100 centavos.

Lingua
La lingua ufficiale è lo spagnolo, ma sono diffusi anche vari dialetti  amerindi nelle regioni degli altipiani. Negli alberghi, nei negozi e nelle principali località turistiche sono comunemente compresi e parlati l'inglese, il francese e il tedesco.

Documenti
Per visitare il Guatemala è necessario il passaporto in corso di validità per almeno 6 mesi. La Carta Turistica, rilasciata gratuitamente dalle compagnie aeree prima  dell'arrivo nel Paese, deve essere compilata in tutte le sue parti e presentata al personale della dogana (una copia della Carta dovrà essere conservata e restituita alla partenza).

Fuso Orario
7 ore in meno rispetto all'Italia, 8 quando da noi c'è l'ora legale

Clima
Il clima del Guatemala è variabile a seconda del periodo dell'anno e dell'altitudine.
Durante la stagione piovosa, che va da maggio a fine ottobre, si verificano spesso brevi ma violenti temporali, a cui si alternano ampie schiarite; durante la stagione secca, invece, il clima è caldo e le pioggie scarse. La temperatura può raggiungere i 37° sulla fascia costiera e scendere sottozero nelle zone di montagna, dove, al di sopra  dei 1500 metri, l'escursione termica è molto forte. Nelle cosiddette "tierras templadas" tra gli 800 e i 1.500 metri, regna invece la proverbiale "primavera eterna". La stagione migliore per recarsi in Guatemala è quella secca, da fine novembre ad inizio aprile.

Cosa portare
Per tutto l'anno, indumenti leggeri, pantaloni lunghi per difendersi dagli insetti, scarpe comode, costume da bagno. Aggiungete anche un paio di maglioni e una giacca a vento leggera, nel caso decideste di fare qualche escursione in montagna.

Insetti e Animali
Zanzare moleste già nelle prime ore del pomeriggio, soprattutto nelle zone d'ombra, attenzione perchè in Guatemala c'è sia il dengue che la malaria. Nelle zone rurali attenzione ai serpenti.

Vaccinazioni
    Non sono richieste vaccinazioni obbligatorie. E' consigliabile la profilassi antimalarica.

Mari e laghi 
In Guatemala è possibile fare il bagno per tutto l'anno: il mar dei Caraibi ha una temperatura di 28°, l' oceano Pacifico di 30°. Nei laghi fate il bagno lontano dai centri abitati, per evitare l'inquinamento dovuto agli scarichi delle fognature.

 Corrente elettrica
La corrente elettrica è di 110 Volts. E' consigliato munirsi di spine di tipo americano o di un adattatore di tipo standard a 2 lamelle  piatte parallele.

Telefoni
Per chiamare in Guatemala comporre lo 00502 seguito dal numero dell'abbonato. Per chiamare in Italia dal Guatemala comporre lo 0039 seguito dal prefisso della città che si intende raggiungere con lo zero, più il numero dell'abbonato. I cellulari funziano un po' ovunque (ci viole il tri-bend)

Tasse locali
E' obbligatorio pagare una tassa d'imbarco aeroportuale di 10 Dollari USA (il prezzo può variare) per i voli internazionali, non esiste tassa invece per i voli nazionali. Le norme doganali sono quelle previste dai trattati internazionali.

Orari uffici
Le banche sono aperte dalle 8.30 alle 13.00, dal lunedì al venerdì, alcune rimangono aperte fino alle 17.00. I negozi sono aperti dalle 9.00 alle 20.00.

 Cucina
La cucina tipica del Guatemala è molto simile a quella messicana. I piatti principali sono in prevalenza a base di mais, zucca, pomodori, riso, fagioli e peperoni. Le carni più usate sono quelle di pollo e di manzo. Molto diffuse anche le pietanze a base di  pesce. Il tutto è accompagnato dalle immancabili "Tortillas". Negli alberghi e nei maggiori ristoranti viene servita la cucina internazionale.

    Sedi diplomatiche
    Ambasciata d'Italia in Guatemala: Città del Guatemala - 5, Avenida
    8-59, Zona 14 Tel: 00502-3374557 Fax: 3370795 Telex: 00372 5129
    ITALDIPL GU
    Ambasciata del Guatemala in Italia: Via Colli della Farnesina, 128 -
    00194 Roma
    Tel: 36307392 Fax: 3291639

 Artigianato
Tessuti coloratissimi, borse di ogni tipo cucite a mano e ricamate; cesti, stuoie in sisal intrecciato e in fibre ricavate dalla palma e dalla canna. Belle le maschere di legno intagliate per essere usate in rituali religiosi: ce ne sono alcune grezze molto antiche, altre più rifinite che rappresentano i conquistatori spagnoli. Per scatole e bauli si usa il legno dipinto a colori vivaci; uccelli e altri animali scolpiti vengono dipinti con diversi strati di vernice. Robuste e confortevoli le amache in cotone con bei disegni colorati stanno benissimo in giardino; i tappeti sono in genere sottili, con medaglioni centrali e bordure molto elaborate.
C'è una bella scelta di ceramiche. In particolare le comunità Villa Chinautla e San Luis Jilotepeque Rabinal producono splendide terrecotte grezze e ceramiche dipinte a colori vivaci. Molto belle anche le ceramiche vetrate di Totonicapan. Si trovano molti gioielli in argento e collane, ciondoli e statuine di giada. La pietra verde è molto diffusa e viene lavorata soprattutto a Santiago Sacatepéquez.
Per i bambini in ogni mercato si trovano bei giocattoli di legno, bambole e bambolotti in paglia avvolti in coloratissime coperte e costumi locali. Ingombranti, ma dalle forme originali e dai colori psichedelici, sono gli aquiloni (barriletes). I più belli si fabbricano in carta e bambù a Santiago Sacatepéquez per la festa di Ognissanti. Il pezzo forte dell'artigianato è rappresentato dai tessuti, basti pensare che in un paese così piccolo ci sono almeno 500 costumi tipici diversi, decorati con simboli antichi. Le tessitrici lavorano al telaio da cintura producendo stoffe in colori e disegni ereditati dai loro avi. Molto belle, ma impossibili da indossare al ritorno a casa, sono le huipiles, le tuniche senza maniche in lana e cotone in colori brillanti. Più utilizzabili le fajas, le fusciacche tessute a colori vivaci, come pure le coperte di vario peso fabbricate soprattutto a San Antonio Aguascalientes. Dello stesso tessuto sono fatte le borse di diverse forme e dimensioni. A Chichicastenango si trovano i rebozos, specie di scialli con disegni floreali. A Totonicapan le donne lavorano con il telaio a pedale spessi tessuti di lana. Bella la scelta di boleri ricamati tono su tono con motivi decorativi di ispirazione spagnola.

Dove comprare
I mercati più famosi si tengono a Chichicastenango (giovedì e domenica), a Sololà, a Totonicapan, ma in ogni città potrete trovare una piazza dove gli abitanti si riuniscono per vendere le loro merci.  Ad Antigua, per esempio, è vicino alla stazione degli autobus, a Panacachel quasi tutte le vie interne sono invase da bancarelle dove si trovano cose bellissime a prezzi accettabili. Un po' dappertutto gli indios, soprattutto le bambine, vi assaliranno per vendervi ogni genere di merce: stoffe (bellissime e molto economiche), collanine e braccialetti di cuoio e perline, oggeti di legno, cappelli, camicie, ecc.
A Città del Guatemala non andate al Mercato dell'Artigianato (quello per turisti, scomodo da raggiungere): le stesse cose si trovano anche al Mercado Central (proprio in centro) a prezzi molto inferiori.

Viaggio in Guatemala: resoconto 2007 (di Athos Turchi)


Finalmente si parte! Dopo che per questioni tecniche si era dovuto rimandare il viaggio dell’Associazione, dello scorso anno, ai luoghi del nostro impegno umanitario, quest’anno non potevamo mancare l’atteso appuntamento. Il 27 gennaio puntualmente siamo salpati da Fiumicino alla volta di Dolores, in quel del Guatemala. I 18 componenti della comitiva erano consci che non andavano ad una «gita», ma a fare un’esperienza di vita, a un incontro con l’umanità che soffre. Visitare una popolazione in difficoltà è come andare a trovare un malato: fa la gioia del malato di non sentirsi abbandonato, fa crescere il visitatore che partecipa a un momento della vita reale. Del Guatemala abbiamo pensato di offrire uno sguardo d’insieme: come il paese è, e come la sua popolazione ci vive. Per questo il viaggio ha avuto momenti belli  quando abbiamo contemplato le bellezze di questa splendida terra; ha avuto momenti «forti e emozionanti» quando i piedi sono affondati nel fango della miseria e dell’abbandono. Questo è il Guatemala. L’aereo è entrato nello spazio del Guatemala all’altezza della regione di Izabal: abbiamo risalito Rio dulce, il fiume Motagua, le aride terre di Zacapa, fino all’altipiano della Capitale, a 1500 mt s.l.m. Da qui – ma in autobus – ad Antigua l’antica Capitale del Guatemala, distrutta dal terremoto del 1773, ma poi ristrutturata è rimasta nel suo aspetto incantevole di cittadina coloniale, dove il tempo sembra essersi fermato. Tre coni altissimi la circondano: i vulcani di Agua, Fuego e Acatenango. Siamo nelle terre alte, o fredde, e non è possibile non  passare a visitare il lago di Atitlan, presso il quale si adagia Panajachel, bella cittadina che ospita il visitatore proponendogli un mercato vivacissimo di colori e forme. La lambisce di azzurro il bellissimo specchio d’acqua che si è formato in una caldera per lo sprofondamento di un cono vulcanico. Sotto il sole le acque del lago sono scintillanti, racchiuse da –anche qui – tre altissimi e geometricamente conici vulcani: Toliman, Atitlan, S.Pedro. La mattina le abbiamo solcate per visitare alcuni paesini distesi alle falde dei vulcani, avvolti e circonfusi dall’azzurro del cielo e del lago.
    Lasciate queste meraviglie, siamo partiti verso Chichicastenango, paese speciale sia in altezza, mt 2100, sia in umanità.
     I Maya qui non hanno perso totalmente le loro radici culturali, e le hanno fuse insieme alla religione cristiana. È quanto si può vedere sia la sera che la mattina del mercato presso il loro «santuario» S.Thomas, dove anche il prete maya coniuga le due religioni. Qui a «Chichi» è obbligatorio un tuffo nei colori, nelle contrattazioni, nella serenità dei rapporti umani del mondo maya che si trovano nel suo animatissimo mercato. Le nostre guide: David e Fernando, Aroldo il nostro chauffeur, ci distaccano da questo irreale mondo per spingerci a partire verso leterre «basse», verso le terre che guardano il mar caribico, e così in poche ore ci troviamo a Zacapa, 300 mt s.l.m., e la mattina possiamo facilmente visitare un sito maya molto caratteristico per le sue steli altissime e piene di riferimenti storici: Quiriguà. Un gran prato verdissimo accoglie il visitatore e ivi sono disposte una decina di steli che raccontano le glorie di re Cielo Cauac, del 700 dC. Il caldo umido si fa sentire e infatti siamo nella bananera «Del Monte», dove la coltivazione di banane si perde a vista d’occhio, ma anche dove – lungo la sterrata che l’attraversa – una croce indica che lì è stato ucciso un francescano italiano, P. Maruzzo, impegnato nelle rivendicazioni dei diritti dei campesinos. Un anticipo di più grandi tragedie che emergeranno negli incontri di Dolores. Il ricco fiume Motagua che attraversa il Guatemala verso l’Atlantico proprio in questa zona forma un grande lago a causa del terreno basso e piano, ma ciò non impedisce di avere un estuario che si è fatto strada tra altissime ripe e gole lussureggianti di verde e di uccelli variegati: è Rio Dulce. Ci inoltriamo in questo angolo paradisiaco su due «lance» fino ad arrivare a Livingston, cittadella abitata da «morenos», gente di razza africana, qui emigrata dopo aver ottenuto la libertà dalla schiavitù. È pomeriggio quando torniamo indietro fermandoci ad assaporare i colori e i panorami di questo affascinante angolo di mondo. La luce sfavillante di un bellissimo tramonto fa da guida nel tratto del rientro. Ma Dolores dov’è? Forse che questo angolo di paradiso terrestre, che è il Guatemala, vuol nasconderci la dura vita dei suoi abitanti gettandovi sopra un velo di bellezza? Può essere. A buio inoltrato però a Dolores ci arriviamo. Ci dividiamo: un gruppetto si ferma nella «Plaza Mayor» dove si affaccia il piccolo alberghetto: «Mi recuerdo» - e se lo ricorderanno per un pezzo. Altro gruppetto si lascia alla restaurata   casa di accoglienza della parrocchia –e anche questi se la ricorderanno. Gli ultimi scampoli umani scendono alla casa parrocchiale. La notte nasconde la dimessa realtà della cittadina.

    La mattina siamo al Centro formativo: ampia costruzione dove si trovano un grande salone, due dormitori e la refezione perché possano essere ospitati gruppi che vogliono incontrarsi o partecipare a qualsiasi tipo di formazione che lì si svolge secondo le esigenze della popolazione. E dopo la colazione e la presa di coscienza che qui non siamo più in località vacanziera, arriva subitanea l’immersione nella umanità guatemalteca. Ci raduniamo nel salone dove ci attendono P.Ottavio ed altre persone: sono gli operatori per la salute mentale. Fanno un quadro immediatamente tragico della realtà che i bei ricordi cominciano a sbiadire. 36 anni di guerra interna per la terra e per i minimi diritti civili. Lo scontro fu durissimo: l’esercito regolare però obbligava, per sterminare le popolazioni, anche gente inerme, parenti,  amici dello stesso villaggio ad uccidersi gli uni gli altri, minacciandoli con torture e con la morte. A fine guerra si ritrovano insieme, nello stesso villaggio, persecutori e perseguitati: la faccenda non è facile. Da qui la preziosa presenza degli psicologi e con loro persone di buona volontà che aiutano a superare traumi spirituali e istinti di ribellione. Tra di noi gli animi cominciano subito ad agitarsi: situazione difficile solo a immaginarsi, figuriamoci a viverla nei piccoli villaggi della foresta. Ma non possiamo alzarci per prendere una boccata d’aria, che si presentano altre due persone che ci parlano della pastorale della terra. Il punto di partenza è sempre la guerra nata per questioni di terra. Dopo atrocità e distruzioni, fughe e massacri, quando sembrava che finalmente un pover’uomo potesse coltivare un pezzo di terra per sopravvivere, e solo per sopravvivere… scopre che quella terra non è sua. Era perciò necessaria la creazione un ufficio che potesse difendere i diritti dei campesinos ad acquistare la terra che coltivava, secondo quanto stabilivano gli accordi di pace. Ma la terra ottenuta è poca, difficile viverci. Così alcune famiglie del latifondo approfittano della situazione sia per offrire denaro sia per minacciare violenze se i campesinos si ostinano a non vendere. Ecco che nasce l’esigenza di un ulteriore ufficio a sostegno del campesino sia per indicargli colture alternative, a quella unica che lì si pratica, sia per seguirlo legalmente contro pressioni esterne. Queste persone ringraziano la nostra Associazione che tanto ha contribuito a sostenere queste attività. Meno male che la mattina finisce, e possiamo tirare un sospiro di sollievo. Ma a tavola è impossibile parlare d’altro se non ripensare a quanto sentito. Il pomeriggio sembra più leggero, ma solo indirettamente. Si parla con P.Giorgio che è fondatore e direttore della scuola S.Martin de’ Porres che diploma i suoi studenti con il grado di «perito in ecoturismo». Il problema che si apre è il bassissimo grado di alfabetizzazione: le ragioni, le difficoltà, le situazioni concrete. Si comincia a prender coscienza dell’assenza quasi totale dello Stato, in questo campo come in altri settori suvvisti, in particolare quello della giustizia e legalità. C’è una cosa che P.Ottavio sottolinea. Contro gli accordi di pace, stabiliti sotto l’egida dell’ONU, lo Stato in questo ultimo anno ha stanziato il 6% del Pil per rifondare l’esercito e ridistribuirlo sul territorio; e solo l’1% del Pil per l’istruzione. Questo con l’intento di far capire alla gente che per quanto sia stata allargata la rete delle libertà personali, tuttavia sono ancora sotto controllo. Andiamo a dormire con l’animo agitato, non solo per le cuccaracie e le zanzare… addio bella tranquillità dei primi giorni. Il Guatemala comincia a mostrare, nella sua popolazione, un volto ben diverso da quello della sua natura. È domenica e facciamo un tuffo nella liturgia e nella religiosità viva e partecipata della messa: canti, marimba, e gran movimento e vocio di  bambini e ragazzetti che si agitano per tutto il tempo della  celebrazione. Da noi impensabile, ma lì mostra tutta la vivacità di una popolazione ricca di gioventù e dunque di futuro. Il pomeriggio su due sgangheratissimi fuoristrada affrontiamo il percorso che porta a un modesto sito maya, Ixcun, vicino Dolores. In queste camionettas s’impara come viaggiano di solito gli animali. La mattina dopo partiamo alla volta di Flores capoluogo della regione Petén. Ma prima di  arrivarci voltiamo a destra perché visiteremo un bellissimo sito maya immerso ancora nella foresta e poco restaurato. Tuttavia per quel poco che si può vedere, la plaza mayor e altre piramidi, è di un’armonia e di proporzioni incantevoli, che raramente si trovano altrove, si chiama Yaxchan. Lo scopo, però, di oggi è incontrare la comunità di suore domenicane che opera a S.Elena, cittadina confinante con Flores. Sr Marcella ci mostra il rinnovato dispensario, o centro medico, che funziona da poliambulatorio, analisi, farmacia e altro. Poi nell’ex-orfanatrofio oggi riutilizzato come casa di affido minori e  collegio femminile fino ai 16 anni, incontriamo parte dei tanti bambini che tramite la nostra Associazione sono dati in «adozione a distanza». Qui a S.Elena sono il numero maggiore, oltre che alla Capitale e a Morales. L’incontro è commovente, in particolare tra i bambini e le loro “madrine” che per anni si sono comunicati rade volte e solo per  scritto e qualche foto, ora possono vedersi e abbracciarsi. Altri piccoli vedendo questo, e non avendo genitori si buttano in braccio al primo che capita per farsi un po’ coccolare.

    Tocchiamo il mondo disastrato dei «senza famiglia» dovuto al degrado, all’insensibilità, alla miseria umana, ma anche all’abbandono di quanti sono responsabili dell’educazione civile. La sera visitiamo Flores. Flores è un’ isola che è congiunta alla costa, a S.Elena, grazie a un terrapieno. Il lago si chiama «Petén Itzà» ossia l’«isola del popolo Itza». Questa isoletta sacra ai maya dà il nome a tutta la regione: Petén vuol dire infatti isola. Il giorno dopo partiamo alla volta di Tikal. Famosissimo sito archeologico maya, decisamente il più spettacolare, con le sue piramidi che bucano la foresta e svettano al di sopra del mare verde degli alberi. La guida – Fernando – ci fa fare un percorso molto bello che esalta la visione dei reperti archelogici, quasi «scoperti» per caso nel cammino forestale. Scaliamo alcune delle piramidi più alte, impressionante la V, da poco restaurata, dove una scala di legno sale dritta lungo la parete nord per una 40na e più metri, senza protezioni, e senza protezione mette il disgraziato avventore sopra uno stretto terrazzino che guarda direttamente il terreno a 50 metri lì sotto. Il panorama sarà anche bello, ma è inapprezzabile. Per fortuna ci rifacciamo alla piramide IV, la più elevata, dove lo sguardo può spaziare senza limiti sopra il verde della foresta. La sera a Dolores incontriamo i promotori di salute. Il quadro che fanno è veramente triste. Non esiste sanità pubblica. Nei pochi “ospedali” che possono somigliare a questo nome, si paga tutto: per es. se uno si rompe un braccio, nel mentre va all’ospedale deve ricordarsi di passare a comprare il gesso e il cotone, altrimenti i medici possono solo dargli un’occhiata. A questo punto si scatenano le domande: tra i nostri vi sono tre medici e altri che lavorano nella medicina. Ma la risposta è sempre la solita: privatamente e avendo il denaro si trova tutto, anche cliniche private eccellenti, addirittura vengono medici dagli USA per qualsiasi genere di intervento. Per chi non ha nulla, lo Stato non da niente: né medicine, né prevenzione, né cure, né interventi se non quelli “possibili”. Queste affermazioni avranno costatazione da parte dei nostri medici quando il pomeriggio del giorno dopo, visitando i ragazzi della scuola di P.Giorgio, scoprono che  portano proprio patologie di quel genere, in particolare storpiature per cattiva cura. Un vero disastro! La mattina però abbiamo modo d’incontrare un’altra attività importantissima: la promozione della donna. Attività delicata ma essenziale in questo mondo «machista», maschilista. Nella organizzazione di questa società la donna ha poco valore: fare e accudire ai figli, lavorare nella casa, e mangiare gli avanzi di quanto avanza agli uomini. Il matrimonio se c’è è a fine della vita, e se anche c’è non tutela la donna, la quale è in balia degli eventi e dell’arbitrio del marito. Ella è praticamente affidata al marito: se è umano, starà bene; sennò è vita dura. Questo gruppo di donne impegnate cerca, inizialmente, di far prendere coscienza alle donne della loro dignità e dei loro diritti, poi propone loro d’imparare un lavoro perché possano rendersi un po’ autonome, infine liberano una piena coscientizzazione del loro ruolo sociale e matrimoniale come madri e come mogli. Un bell’impegno non c’è che dire!
Soprattutto se si pensa che navigano contro una certa ostilità da parte degli uomini. Ci portano a far vedere il loro laboratorio dove insegnano «taglio e cucito» e dove si utilizzano una dozzina di macchine per cucire che la nostra Associazione ha comprato. Non solo ma ci dicono che mensilmente fanno il giro delle Aldee (villaggi) portando nella camionetta le macchine affinché l’opera sia estesa anche ai villaggi più lontani e isolati, e dove la donna è ancor meno protetta. C’è anche un fatto da annotare sebbene non abbiamo potuto esserci: all’aldea S.Marcos oggi s’inaugura un’unità minima di salute, un ambulatorietto, costruito col contributo dell’Associazione, per cui oltre a P.Ottavio che benediceva la costruzione era presente Gianna come nostra rappresentante: cosa questa molto apprezzata dalla comunità del villaggio. Il giorno dopo è dedicato alla visita a una comunità di ex guerrilleros: Nuevo Horizonte.


Alla fine della guerra civile, soldati e guerriglieri tornarono a casa. Ma per i guerriglieri, nati e vissuti nella foresta, non era semplice. Per cui ebbero da parte dello Stato un vasto territorio dove ricostruire una vita sociale. La comunità così risente dell’organizzazione militaresca, ma efficiente. È una comunità che si propone di mostrare un tipo di vita alternativo al liberalismo assolutista dello Stato, e perciò accampa anche dei diritti politici e riconoscimenti internaionali. A fronte dell’imperversare del latifondo, del disinteresse dello Stato per quanto succede nelle questioni di giustizia, questa comunità è in grado di difendersi dalle ingerenze dei potenti, e di difendere quanti e quante comunità chiedono aiuto contro lo strapotere della malavita e abuso di potere e concussione da parte degli ufficili statali. Al pranzo ci sono pesci del loro allevamento.
Nel pomeriggio incontriamo «doña» Maria Teresa. È dell’ Aldea «Esmeralda» dove abita una comunità di «retornados»: sono detti così quei gruppi di persone che per fuggire la persecuzione dell’esercito dopo un lungo girovagare per la selva, furono accolti in Messico come profughi, e alla fine della guerra hanno fatto ritorno. «Doña» Maria Teresa racconta dall’inizio: dalla fuga, ai drammi della foresta, agli orrori degli scontri, alle difficoltà del Messico, al ritorno in Guatemala. Una tristissima cronaca di avvenimenti che non hanno niente di umano, e neppure di disumano, perché il disumano non può arrivare a quelle perversità, come lo sventramento di una donna incinta e l’uccisione del feto sbattendolo sulla pietra. Si esce dal salone portandoci dentro la rabbia di appartenere al genere umano. Meno male che la sera è rallegrata da uno spettacolino di canti e danze offertoci dalla «nostra» scuola S.Martin de’ Porres: la vitalità dei ragazzi ci mostra che il bene rinasce al di là di ogni atrocità e cattiveria. È l’ultimo giorno, nel pomeriggio partiremo per la Capitale, ma la mattina non vogliamo sprecarla e andiamo a visitare un’ aldea. Ne abbiamo sempre sentito parlare delle aldee, ma cosa sono? L’aldea è il villaggio che una comunità di persone ha costruito in mezzo alla foresta sia per sfuggire a persecuzioni varie durante la guerra, sia perché nella ricerca di un terreno si fermavano dove questo poteva trovarsi. Molte volte si sono viste aldee nelle foto, ma andarci è un’esperienza traumatica. Le foto non trasmettono odori e non obbligano a camminare nel fango e non solo. Capanne di tavole accostate, tetti di paglia, con W.C. sparsi qua e là fatti di quattro assi a cielo aperto e sotto vento ben «odorosi». Visitiamo una signora lasciata dal «marito» o meglio dal padre dei suoi 5 figli: per arrivarci dobbiamo triblare melma e altro, facendoci largo tra animali rognosi vari. La signora ci accoglie nella sua capanna (mt 3x5) in un angolo c’è la «cucina» una lastra metallica con sotto il fuoco per cucinare le tortillas di mais.
Il pavimento è il terreno più o meno battuto, tre ceppi sono le sedie, alcune amache che pendono sono i letti, tra le fessure delle tavole-pareti passano indisturbati galline e gatti e di notte altra
fauna… che tristezza! Senza luce, senza acqua, senza la presenza di nessuno che s’interessi di loro. La donna ci accoglie umilmente, ma con quella grande dignità che vive in questi villagi, e ci guarda con occhi di una umanità a noi sconosciuta della rassegnazione all’abbandono: che può fare? Andiamo via con un nodo alla gola: dove abita la giustizia, vorremmo andarla a trovare? Per capire la vita dell’aldea bisogna pestare il suo fango e annusare i suoi odori e confrontarli con la semplice e dignitosissima vita dei suoi abitanti, che in quel degrado non perdono il senso umano della vita, ma lo ravvivano e lo esprimono nella serenità della povertà.

Solo così ti rimane nel cuore. Nel pomeriggio partiamo per la Capitale e ci portiamo dentro e rimastichiamo tutti questi «tesori» immensi che abbiamo incamerato in questi giorni. Si capisce che i poveri ci hanno fatto la loro elemosina molto più ricca e consistente di quello che noi possiamo aver portato: ci hanno dato la ricchezza della loro umanità, della speranza, della fiducia nella Vita e in Dio nonostante che il mondo che conta l’abbia abbandonati a se stessi. Il sabato mattina vogliamo a tutti i costi vedere la tomba di Mons. Gerardi, ucciso per aver difeso e reso giustizia a una massa infinita di persone che non-contano, e che tutti vorrebbero che non contassero: il non-significante può chiedere giustizia? Mons Gerardi ha dato voce a questo mondo di «nulla», e grazie a lui la voce dei poveri e dei perseguitati può continuare a farsi sentire. L’aereo che vola verso Roma porta con sé un carico di persone diverse da quelle dell’andata.

    Sito ufficiale del Guatemala http://www.guatemala.travel.com.gt/