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martedì 3 dicembre 2013

RELAZIONE MORALE DEI 20 ANNI DI ATTIVITA’ IN GUATEMALA DELL’ ASS. ONLUS «AMICI DEL GUATEMALA»

In 20 anni un uomo nasce e diventa adulto. In quei vent’anni assembla se stesso e nel resto della vita lo esprime. I primi vent’anni sono il prezioso tempo della struttura umana che dovrà sopportare il peso dell’esistenza successiva. Venti anni fa, in Guatemala, c’era ancora la lunghissima guerra civile. Nel Petèn, c’era ancora la bellissima foresta tropicale. A Dolores la popolazione viveva ancora nelle capanne colla paglia per tetto.

Vent’anni fa la povertà la faceva da padrona, e i poveri gemevano sotto il peso della violenza militare. Poi la guerra è finita, e i poveri gemono sotto il peso della violenza delle lobby e dei potenti che cercano di spartirsi la grande ricchezza del Guatemala: la terra.

La foresta è scomparsa, pascoli e mariuana ne hanno preso il posto, piccole casette di cemento forato appaiono, ma quello che emerge di più è l’impegno caparbio e deciso dei poveri che cercano il riscatto di se stessi. Una massa di poveri che onestamente e con fatica si spingono verso quella vita dove abita il bene, la giustizia, l’onestà. La loro speranza è rappresentata dalla dignità, dal valore, dall’acquisizione di una ricchezza spirituale, morale e umana.

Ecco, in questi anni in Guatemala è possibile vedere questo lento, faticoso, impervio cammino di tantissimi poveri che stanno emancipando se stessi, o meglio stanno lentamente riuscendo a valorizzare la loro unica ricchezza che è la povertà. La povertà è ricchezza di umanità, di valori, di bene. La povertà è certamente una base di partenza sicura e solida per poter vivere e recriminare un mondo diverso e nuovo, perché la povertà è comunione, solidarietà, amicizia, condivisione, premura, ospitalità, apertura. Tutto ciò è visibile in quell’onestà che si trova radicata nei poveri in cammino verso la giustizia e verso una vita più umana e dignitosa.

Oggi stando in mezzo al popolo di Dolores e nei suoi villaggi, si vede proprio quello scontro epocale e drammatico, che spesso ha percorso la storia di altri popoli, tra l’inaudita violenza e sopraffazione di un settore di popolazione gettata avidamente sul possesso e sul potere, di altro settore che vive sulla violenza per sete di denaro facile e che spesso è manovalanza del primo settore, e un ultimo settore di popolazione che è quel ceppo onesto che con sacrificio cerca di mantenere una vita radicata sulla giustizia. Ovviamente questo ultimo settore, che è il più esteso, è composto quasi esclusivamente da poveri. Camminando per le strade si vede lo scozzo dei primi due settori, ma se uno ha il tempo e l’attenzione di entrare nelle capanne e di girare per i villaggi, si accorge di una brace di bontà che vive sotto la cenere dei soprusi e delle ingiustizie. E nella calda e semplice accoglienza che ti riserva la capanna, lì scopri la forza della povertà che combatte quella cattiveria e quell’egoismo che solo la sete di denaro e potere possono scatenare nei cuore e nelle menti umane, creati per amare e non per odiare. Com’è che poi si siano invertiti i ruoli, è veramente un mistero. Comunque sia, la forza di umanità che sprigiona un cuore povero è talmente travolgente che ti coinvolge e ti apre un mondo troppo spesso sconosciuto.

Qui in queste capanne comprendi come possano andare avanti e progredire la giustizia, l’onestà, la lealtà, che sono alla base di nuove nazioni.

Ecco vogliamo dire che in questi vent’anni la presenza a Dolores, del Petèn, dei nostri due missionari e con loro tutta la organizzazione che ha dato vita all’Associazione ONLUS «Amici del Guatemala» ha cercato di incoraggiare e appoggiare questo settore di popolazione in cammino verso una vita più umana. Venti anni in cui abbiamo sostenuto lo sforzo delle donne ad esercitare il ruolo che spetta loro nella società, favorendo la emancipazione e l’occupazione, la formazione e l’autostima. Una scuola superiore, «S.Martin de’ Porres», con diploma in ecoturismo, ha provveduto sia ad alfabetizzare sia a formare al lavoro centinaia di giovani che vivevano in un ambiente sfornito di qualsiasi presenza culturale. Un centro poliformativo, «S.Domenico», è stato il cuore e l’anima di progetti e programmi, sia formativi che operativi, di occupazione e di lavoro. Infatti hanno trovato aiuto cooperative di allevatori mandriani, di contadini di canna da zucchero e di agrumeti, di famiglie che hanno creato nei villaggi allevamenti di mucche per latte e orti per variegare la nutrizione infantile e familiare. Si è provveduto a finanziare piccoli acquedotti per i villaggi. Sono state fatte campagne mediche e igieniche per la prevenzione e per la cura di malattie infettive e per i problemi connessi all’infanzia. Costruiti ambulatori, centri di ascolto e centri di salute mentale, squilibrio dovuto alla lunga guerra. Non sono mancati contributi a coloro che desideravano aprire piccoli negozi nei villaggi, e a quei gruppi femminili che si sono impegnati in piccoli allevamenti di animali vari.

Infine da vent’anni tanti bambini hanno potuto nutrirsi e studiare grazie a centinaia di adozioni a distanza.

Un lavoro diciamolo pure grande, fatto semplicemente e da semplici persone che hanno creduto in questo gesto di solidarietà verso tutti quei poveri impegnati a riscattarsi dal sopruso e dall’oscurità della sopraffazione, e che cominciano a vedere qualche buon risultato dei loro duri sforzi per rimanere nel terreno dell’onestà e della giustizia.

Una luce, dunque, sorge all’orizzonte e guida questi, come tutti i poveri verso il luogo dove ferma sta la speranza di giungere a un mondo umano, giusto e nella pace. Questa speranza ha guidato la nostra Associazione, dal 1993-2013, per venti anni di servizio e solidarietà per il bene comune di tutti gli uomini.

martedì 24 settembre 2013

Ottavio ripartito per il Guatemala


P.Ottavio ha lasciato l'Italia stamani 24 settembre. 

Ringrazia tutti coloro che lo hanno accolto con gioia e amicizia.
Ringrazia del sostegno ricevuto sia morale che economico.

Ritorna a Dolores del Petén, nella sua parrocchia, che conta un circa ventimila persone, sparse su 23 villaggi.
Ritorna al suo impegno con i poveri, con i più vessati dalla violenza e dall'egoismo dei potenti.

Lascia un messaggio umano di solidarietà e di vicinanza tra tutti i popoli, perché i problemi di una nazione nell'oggi sono correlati ai comportamenti delle altre. Richiamo a un impegno costante per ciascuno di noi a vivere per la giustizia, l'onestà, l'attenzione al bene comune.

martedì 13 agosto 2013

OTTAVIO IN ITALIA

Incontro col vescovo del Petén Mario Fiandri.

lunedì 12 agosto 2013 abbiamo avuto l'incontro a Roma con il Vescovo del Peten, Mario Fiandri, per organizzare un lavoro congiunto di miglioramento e riorganizzazione della nostra scuola che procede in modo eccellente l'opera educativa di tanti ragazzi del Peten da 15 anni!!!
Grazie davvero a chi ha sempre contributo con offerte e con le borse di studio



 
 

giovedì 30 maggio 2013

P. ANDREA:

un abbraccio grande e dolce come tu hai saputo dare a noi!



La nostra Associazione si è stretta intorno a P.Andrea, che, dopo una lunga malattia, il 24 maggio, ci ha lasciati. Vogliamo ricordarlo non solo perché all’inizio dell’esperienza Guatemalteca fu sollecito sostenitore di questo progetto di solidarietà, ma anche perché ha contribuito successivamente al buon andamento della missione che lì si era fondata.
 
Persona sempre serena e cordiale, p.Andrea, sapeva infondere fiducia e incoraggiamento per la vita e le sue prove. Per chiunque incontrasse aveva una parola di conforto e un sorriso d’esempio cristiano e umano.
Nella sua vita sacerdotale ha saputo guidare e educare molti giovani e molti sposi all’amicizia e all’amore, alla solidarietà e all’attenzione per tutto ciò che è giusto, leale, bello.
 
Per ultimo, ma non ultimo, lo ricordiamo perché gran parte delle persone impegnate in questa Associazione vengono dal cammino educativo di P.Andrea.
 
Grazie, P.Andrea, e un ciao affettuoso da tutti noi!

martedì 21 maggio 2013

ANNULLATA LA SENTENZA CONTRO RÍOS MONTT PER GENOCIDIO

da http://orizzonte-guatemala.blogspot.it/
BBC Mundo, 21/05/2013
La Corte Costituzionale del Guatemala ha annullato la condanna a 80 anni di reclusione inflitta per genocidio all’ex presidente di fatto Efrain Rios Montt.
Secondo i giudici la decisione si è basata su un errore di procedura e ha condannato senza attendere l'esito di una ricusazione richiesta dalla difesa.
Rios Montt è stato condannato il 10 maggio per genocidio e crimini di guerra durante il suo mandato nei primi anni Ottanta.
Secondo l'inviato speciale della BBC in Guatemala, Will Grant, in sostanza, la nuova decisione del tribunale ha due conseguenze immediate.
In primo luogo, ha revocato – immediatamente - il giudizio di genocidio contro Rios Montt.
In secondo luogo dispone che il processo riprenda al punto in cui era lo scorso 19 aprile, perché a quel tempo la Corte costituzionale aveva affermato che Rios Montt era rimasto senza difesa, dopo che l'avvocato dell’ex generale era stato espulso dalla Corte brevemente per aver accusato il giudice di parzialità.
"Quelle ore che Rios Montt era senza difesa legale hanno fatto tornare il processo al punto in cui si trovava più o meno un mese fa", ha detto Grant.
Tutte le testimonianze e le dichiarazioni rese da quel momento dovranno essere di nuovo presentate davanti ai tre giudici, così come le dichiarazioni finali di entrambe le parti.
Ripetizione
Nel breve termine Rios Montt lascerà l'ospedale militare dove si trova per problemi di ipertensione per continuare gli arresti domiciliari.
Francisco Garcia Gudiel, avvocato difensore, ha detto alla BBC che il caso aveva subito una serie di carenze e violazioni.
"La sentenza è insostenibile per una serie di violazioni del giusto processo e del diritto di difesa. Tale processo cade, cade. Sicuramente" ha affermato Garcia Gudiel.
L'accusa ha sostenuto che la difesa è alla ricerca di qualsiasi cavillo giuridico o amministrativo per ostacolare il processo.
Dal momento in cui hanno annunciato il verdetto, la difesa di Rios Montt ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale chiedendo che la sentenza fosse annullata.
La condanna per genocidio è stata la prima al mondo comminata da un tribunale a un ex presidente nazionale.
Dieci giorni dopo la sentenza storica, che ora è stata cancellata, le scene di giubilo tra gli indigeni e gli attivisti nel tribunale affollato contrastano con una conferenza stampa di basso profilo in cui la decisione dell’annullamento è stata annunciata nella notte di lunedì.
In ogni caso, la decisione della Corte Costituzionale di annullare la sentenza contro Rios Montt non è la fine della battaglia legale di nessuna delle parti.
Ciò che rimane da fare ora è la ripetizione di una parte del processo, le ultime settimane di processo, che porterà anche alla ripetizione di una sentenza che nella sua prima versione è stato una pietra miliare per la giurisprudenza globale.

martedì 14 maggio 2013

"Non c'è pace senza giustizia". In Guatemala Ríos Montt condannato per genocidio

Per la prima volta nella storia un un capo di stato viene giudicato per i crimini commessi durante il suo mandato da un tribunale nazionale e non da una corte internazionale. Questo è avvenuto proprio in Guatemala: l'11 maggio una corte formata da tre giudici ha condannato l’ex dittatore guatemalteco Efraín Ríos Montt a ottant’anni di carcere per genocidio.

dalla rivista POPOLI :

"Non c'è pace senza giustizia". In Guatemala Ríos Montt condannato per genocidio

 

«In Guatemala è stato compiuto sistematicamente un genocidio ai danni della popolazione maya Ixil», ha dichiarato la giudice Jazmin Barrios. Si è concluso così, dopo due mesi, il processo contro due ex generali, l’ex capo di Stato de facto, Efraín Ríos Montt, e l’ex capo dell’intelligence militare, Josè Mauricio Rodriguez Sànchez, accusati di genocidio e di delitti contro l’umanità.
La sentenza, pronunciata il 10 maggio, dopo una ventina di udienze e un centinaio di testimonianze, ha riconosciuto colpevole di genocidio e crimini contro l’umanità l’86enne Efraín Ríos Montt. Per essere stato ritenuto responsabile del massacro di 1.771 indigeni delle comunità maya Ixiles l’ex generale è stato condannato a 80 anni di carcere, di cui 50 per il delitto di genocidio.

Una decisione storica per il Guatemala, di cui abbiamo parlato con monsignor Alvaro Ramazzini, vescovo di Huehuetenango, e attivo da anni nella promozione e difesa dei diritti dei popoli indigeni. «Il processo - spiega Ramazzini - ha fatto capire quanto la polarizzazione sociale sia forte nel Paese. Nella società guatemalteca ci sono profonde divisioni: mentre in tribunale alcuni indigeni maya Ixiles hanno testimoniato raccontando le violenze subite e chiedendo giustizia per i loro parenti uccisi, contemporaneamente venivano organizzate manifestazioni a favore di Rios Montt alle quali partecipavano gruppi di Ixiles».
Il vescovo denuncia come la violenza mediatica si sia scagliata anche contro la Chiesa cattolica. «In una pubblicazione intitolata La farsa del genocidio, che circolava nelle scorse settimane in Guatemala, la Fondazione contro il Terrorismo sosteneva che il processo contro Rios Montt è una cospirazione marxista dalla Chiesa cattolica». Notevole anche la preoccupazione per la criminalizzazione e le persecuzioni dei leader comunitari: «Risale a solo poche settimane fa il sequestro e l’assassinio di Daniel Pedro Mateo, leader comunitario della comunità di Santa Eulalia, nella mia diocesi».

Lo scorso 26 aprile ricorreva poi il 15° anniversario dell’assassinio di monsignor Juan Gerardi, vescovo ausiliare di Città del Guatemala, ucciso per il suo instancabile lavoro di ricerca della verità sugli anni della guerra civile. In questa occasione la Conferenza episcopale ha pubblicato un messaggio nel quale ha dato una lettura della situazione del Paese (La paz estè con ustedes). Riprendendo quel testo, Ramazzini presenta le sfide che ancora rimangono aperte: «Sono passati 17 anni dalla firma degli accordi di pace. È vero che questi accordi hanno posto fine al conflitto armato. Ma constatiamo che nei loro aspetti principali sono rimasti lettera morta, frustrando così le speranze del popolo guatemalteco. Dobbiamo riconoscere che le cause strutturali che hanno dato origine al conflitto armato non sono state superate, si rafforza un modello economico che concentra la ricchezza nelle mani di pochi. In questi anni abbiamo visto politiche che non offrono soluzioni alla situazione di povertà, emigrazione forzata, razzismo ed esclusione. Continuiamo a constatare la costante mancanza di rispetto della dignità umana, di crescente e pericolosa polarizzazione sociale, di calunnie e voci ricorrenti che creano confusione».

Ramazzini sottolinea il senso del prezioso lavoro di recupero della memoria storica di cui Gerardi è stato l’anima: «La Chiesa cattolica pensava che fosse importante conoscere le ragioni e le cause della  guerra che per 36 anni ha sconvolto la società guatemalteca, con migliaia di morti, desaparecidos, sfollati interni e in Messico. Volevamo capire, per evitare che succedesse ancora una tragedia simile. Siamo convinti che una guerra causa ferite molto profonde sia a livello personale che nel tessuto sociale».
E il vescovo sottolinea anche l’impegno per il futuro: «Gerardi voleva che il progetto del recupero della memoria storica potesse continuare. Voleva fare in modo che i colpevoli potessero chiedere perdono alle vittime, e le vittime potessero perdonare. Molti non hanno inteso il lavoro capillare di raccolta di testimonianze e di ricerca della verità, e pensano che la Chiesa abbia voluto fare rivivere sentimenti di vendetta e di odio. La Chiesa cerca la riconciliazione attraverso la verità».

Pur in una situazione di violenza diffusa, di mancato compimento degli accordi di pace, che posero fine alla guerra interna, con le annose problematiche legate alla terra, in assenza di una riforma agraria, con una politica economica neoliberista che apre le porte agli investimenti delle multinazionali straniere senza curarsi della volontà delle popolazioni indigene e del rispetto della natura, nonostante tutto ciò, mons. Ramazzini vede alcuni segni di speranza, in particolare nella forte presa di coscienza delle popolazioni indigene, che si stanno organizzando per la salvaguardia dei loro diritti, nell’impegno degli operatori pastorali e sociali, che sul territorio collaborano anche con le attività della Chiesa per migliorare le condizioni di vita della popolazione, e nella grande solidarietà e nell’amicizia che sente sia nei suoi confronti sia del suo Paese.
Mons. Gerardi sosteneva che fino a quando non si conoscerà la verità le ferite del passato rimarranno aperte. Quasi facendogli eco, la giudice Barrios durante la lettura della sentenza di condanna a Rios Montt ha aggiunto: «Perché esista pace in Guatemala deve esistere prima giustizia».
Con il riconoscimento del genocidio, si può aprire una pagina nuova nella storia del piccolo Paese centroamericano.
Daniela Sangalli
curtatrice del blog Orizzonte Guatemala

venerdì 10 maggio 2013

a cena con "amici del Guatemala" 10 maggio FIESOLE

GRAZIE A TUTTI I PARTTECIPANTI!!!! 
ABBIAMO RACCOLTO 1302,00 EURO (escluso le spese)!!!!
andranno interamente al progetto di ALLEVAMENTO SUINO della coperativa delle donne del villaggio XAAN
 (http://www.amiciguatemala.org/2013/02/xaan.html)





venerdì 26 aprile 2013

RICORDIAMO MONS. JUAN GERARDI



Oggi è 15° anniversario dell’assassinio di Mons. Juan Gerardi brutalmente ucciso il 26 aprile 1998.


“Il nostro cammino è stato e continua ad essere pieno di rischi, ma la costruzione del Regno di Dio comporta dei rischi e solamente i suoi edificatori hanno la forza di affrontarli” (Mons. Gerardi, due giorni prima di essere ucciso, presentando pubblicamente nella cattedrale di Città del Guatemala REHMI)


"Se il povero rimane fuori della nostra vita, allora forse anche Gesù è fuori della nostra vita”(Mons. Gerardi)

Se c’è qualcosa che ha caratterizzato la vita del vescovo Gerardi è stata la sua passione per la verità, la giustizia, la libertà e l’amore per i poveri e gli esclusi. Questa passione lo ha portato a elaborare e sostenere il progetto denominato Proyecto de recuperación de la memoria histórica (Remhi). Infaticabilmente, fino all’ora della morte, ha cercato di aprire spazi che offrissero alla società guatemalteca un’alternativa di vita e non di morte, come invece faceva la repressione senza nessuna misericordia. Annunciava e difendeva il valore della vita umana, come parte essenziale del progetto di Dio, contro tutto ciò che la distruggeva: gli assassini extragiudiziari, le persecuzioni ai danni dei difensori della giustizia, la miseria e la povertà estrema che generavano fame e denutrizione nella sua terra.

Juan Gerardi, vescovo ausiliare di Guatemala, prima vescovo diocesano di Verapaz e del Quichè ha osato chiedere la popolo del Guatemala: Quale è la tua verità, popolo oppresso e umiliato, schernito e disprezzato, assassinato e fatto scomparire, dopo 36 anni di una guerra fratricida, sanguinosa e crudele? Juan Gerardi non era un funzionario, e nemmeno il rappresentante di un impero. Era un pastore sensibile al dolore del suo gregge, sentinella intelligente che intravedeva il futuro di queste terre, con il cuore plasmato dalla tristezza e dall’ingiustizia dei popoli che egli serviva. La sua anima di bambino era stata profondamente colpita da tutto quello che vedeva e sentiva, constatava e sperimentava nei suoi viaggi pastorali, nei suoi incontri con la gente impoverita, discriminata per la condizione indigena, abbandonata alla propria sorte, dimenticata. Fece quella domanda per trovare una risposta che sanasse le ferite, desse sollievo alle profonde sofferenze dell’anima del popolo guatemalteco, aprisse il cammino per dare dignità alle vittime del conflitto armato e permettesse agli assassini di riconoscere le loro colpe e chiedere perdono a coloro che avevano sofferto. A questa domanda ci fu una doppia risposta: il progetto “Recupero della memoria storica”, in quattro volumi “Guatemala Mai più” e l’assassinio del Vescovo. 
(Mons.Alvaro Ramazzini , vescovo di Huehuetenango Guatemala)

“Ricordo Mons. Gerardi per i laboratori del REHMI. Avevo dovuto coordinare tutto il lavoro del Recupero della Memoria Storica del Quichè, assistevamo ai laboratori, che erano parte della metodologia che ha permesso di realizzare questo processo. Erano sessioni di lavoro tecnico, ma anche spazi di dialogo e discussione interna su temi difficili e intensi sulle differenti realtà che riguardavano REMHI. Mons. Gerardi partecipava, come uno tra tutti ,agli incontri ai quali era necessario. Impressionava la sua acutezza nell’analizzare le situazioni, la serenità nel trattare argomenti complicati, l’onestà di collocarsi di fronte ai fatti e di fronte alla storia. Senza dubbio si può considerare come un pastore provato come l’oro nel fuoco della sofferenza.” 
(Padre Rigoberto Perez Garrido, El Quiché, Guatemala)