In 20 anni un uomo nasce e diventa adulto. In quei vent’anni
assembla se stesso e nel resto della vita lo esprime. I primi vent’anni sono il
prezioso tempo della struttura umana che dovrà sopportare il peso
dell’esistenza successiva. Venti anni fa, in Guatemala, c’era ancora la
lunghissima guerra civile. Nel Petèn, c’era ancora la bellissima foresta
tropicale. A Dolores la popolazione viveva ancora nelle capanne colla paglia
per tetto.
Vent’anni fa la povertà la faceva da padrona, e i poveri
gemevano sotto il peso della violenza militare. Poi la guerra è finita, e i
poveri gemono sotto il peso della violenza delle lobby e dei potenti che
cercano di spartirsi la grande ricchezza del Guatemala: la terra.
La foresta è scomparsa, pascoli e mariuana ne hanno preso il
posto, piccole casette di cemento forato appaiono, ma quello che emerge di più
è l’impegno caparbio e deciso dei poveri che cercano il riscatto di se stessi.
Una massa di poveri che onestamente e con fatica si spingono verso quella vita
dove abita il bene, la giustizia, l’onestà. La loro speranza è rappresentata
dalla dignità, dal valore, dall’acquisizione di una ricchezza spirituale,
morale e umana.
Ecco, in questi anni in Guatemala è possibile vedere questo
lento, faticoso, impervio cammino di tantissimi poveri che stanno emancipando
se stessi, o meglio stanno lentamente riuscendo a valorizzare la loro unica
ricchezza che è la povertà. La povertà è ricchezza di umanità, di valori, di
bene. La povertà è certamente una base di partenza sicura e solida per poter
vivere e recriminare un mondo diverso e nuovo, perché la povertà è comunione,
solidarietà, amicizia, condivisione, premura, ospitalità, apertura. Tutto ciò è
visibile in quell’onestà che si trova radicata nei poveri in cammino verso la
giustizia e verso una vita più umana e dignitosa.
Oggi stando in mezzo al popolo di Dolores e nei suoi
villaggi, si vede proprio quello scontro epocale e drammatico, che spesso ha
percorso la storia di altri popoli, tra l’inaudita violenza e sopraffazione di
un settore di popolazione gettata avidamente sul possesso e sul potere, di
altro settore che vive sulla violenza per sete di denaro facile e che spesso è
manovalanza del primo settore, e un ultimo settore di popolazione che è quel ceppo
onesto che con sacrificio cerca di mantenere una vita radicata sulla giustizia.
Ovviamente questo ultimo settore, che è il più esteso, è composto quasi
esclusivamente da poveri. Camminando per le strade si vede lo scozzo dei primi
due settori, ma se uno ha il tempo e l’attenzione di entrare nelle capanne e di
girare per i villaggi, si accorge di una brace di bontà che vive sotto la
cenere dei soprusi e delle ingiustizie. E nella calda e semplice accoglienza
che ti riserva la capanna, lì scopri la forza della povertà che combatte quella
cattiveria e quell’egoismo che solo la sete di denaro e potere possono
scatenare nei cuore e nelle menti umane, creati per amare e non per odiare.
Com’è che poi si siano invertiti i ruoli, è veramente un mistero. Comunque sia,
la forza di umanità che sprigiona un cuore povero è talmente travolgente che ti
coinvolge e ti apre un mondo troppo spesso sconosciuto.
Qui in queste capanne comprendi come possano andare avanti e
progredire la giustizia, l’onestà, la lealtà, che sono alla base di nuove
nazioni.
Ecco vogliamo dire che in questi vent’anni la presenza a
Dolores, del Petèn, dei nostri due missionari e con loro tutta la
organizzazione che ha dato vita all’Associazione ONLUS «Amici del Guatemala» ha cercato di incoraggiare e
appoggiare questo settore di popolazione in cammino verso una vita più umana.
Venti anni in cui abbiamo sostenuto lo sforzo delle donne ad esercitare il
ruolo che spetta loro nella società, favorendo la emancipazione e
l’occupazione, la formazione e l’autostima. Una scuola superiore, «S.Martin de’
Porres», con diploma in ecoturismo, ha provveduto sia ad alfabetizzare sia a
formare al lavoro centinaia di giovani che vivevano in un ambiente sfornito di
qualsiasi presenza culturale. Un centro poliformativo, «S.Domenico», è stato il
cuore e l’anima di progetti e programmi, sia formativi che operativi, di
occupazione e di lavoro. Infatti hanno trovato aiuto cooperative di allevatori
mandriani, di contadini di canna da zucchero e di agrumeti, di famiglie che
hanno creato nei villaggi allevamenti di mucche per latte e orti per variegare
la nutrizione infantile e familiare. Si è provveduto a finanziare piccoli
acquedotti per i villaggi. Sono state fatte campagne mediche e igieniche per la
prevenzione e per la cura di malattie infettive e per i problemi connessi
all’infanzia. Costruiti ambulatori, centri di ascolto e centri di salute
mentale, squilibrio dovuto alla lunga guerra. Non sono mancati contributi a
coloro che desideravano aprire piccoli negozi nei villaggi, e a quei gruppi
femminili che si sono impegnati in piccoli allevamenti di animali vari.
Infine
da vent’anni tanti bambini hanno potuto nutrirsi e studiare grazie a centinaia
di adozioni a distanza.
Un
lavoro diciamolo pure grande, fatto semplicemente e da semplici persone che
hanno creduto in questo gesto di solidarietà verso tutti quei poveri impegnati
a riscattarsi dal sopruso e dall’oscurità della sopraffazione, e che cominciano
a vedere qualche buon risultato dei loro duri sforzi per rimanere nel terreno
dell’onestà e della giustizia.
Una
luce, dunque, sorge all’orizzonte e guida questi, come tutti i poveri verso il
luogo dove ferma sta la speranza di giungere a un mondo umano, giusto e nella
pace. Questa speranza ha guidato la nostra Associazione, dal 1993-2013, per venti
anni di servizio e solidarietà per il bene comune di tutti gli uomini.