Il 15 settembre il Guatemala ha festeggiato il 190esimo anniversario dell'indipandenza dalla Spagna in un clima politico molto incerto. Alle elezioni di domenica 11 settembre nessun candidato ha ottanuto oltre il 50% dei voti percui domenica 6 novembre si andrà al ballottaggio tra i due caniddati di destra: Otto Pérez Molina ex generale 60enne, ha ottenuto il 36% dei voti al primo turno è stato ufficiale dell’esercito durante i 36 anni di guerra civile; Manuel Baldizon ha ottenuto 23%, uomo d’affari ha dichiarato di
voler reintrodurre la pena di morte e non ha escluso le esecuzioni in
pubblico
Le elezioni del Guatemala viste da vicino. 11 settembre a Dolores – Peten.
Athos Turchi
Nello spazio davanti alla bianca chiesa di Dolores sono parcheggiati
circa una dozzina di carri-bestiame, grossi camion con i cassoni tutti
chiusi da un’alta steccata: servono ai ganaderos (allevatori di bestiame) e fincheros
(proprietari terrieri) per il trasporto dei buoi. Una qualche sistola
d’acqua ha cercato di togliere alla meglio quanto i buoi vi lasciano
all’interno durante i lunghi trasporti. Oggi servono per portare dalle
aldee (villaggi) a Dolores il popolo dei votanti e le loro famiglie, poi
in serata li riporteranno ai loro villaggi, e finalmente da lunedì i
camion potranno tornare all’uso quotidiano, ossia al trasloco delle
bestie.
Questa immagine dà bene l’idea di quello che i «politici» pensano
della gente, del popolo che non sentono e non lo considerano come
umanità, ma come una merce che, per chi la possiede, dà loro il diritto
di fare quello che vuole. Solo questo tipo di merce dà il «potere
legale», termine magico e suadente nel nostro mondo, per il quale siamo
disposti a tutto.
Verso le 9 con Ottavio scendiamo alle scuole dove hanno sede una
ventina di seggi, da dove si snodano una ventina di file che
s’incrociano, si toccano, si affiancano parallele di binario. Le file
sono strette e serrate, nel senso vero dei termini, perché le persone
sono attaccate le une alle altre: gli uomini poggiano il petto sulla
schiena di quello davanti, e le donne… lo stesso. Ogni tanto qualche
donna si sposta leggermente per tirare fuori una mammella e allattare
così il bimbo che ha in braccio.
Ottavio ed io circoliamo tra gli spazi aperti che separano una fila
dall’altra. Ottavio approfitta del fatto che vi sono quasi tutte le
persone delle aldee per incontrare, parlare, organizzare qualche evento.
Incontriamo un uomo che ha nell’orecchio la mosca ciclera, un
pericoloso insetto che s’inoltra nei tessuti muscolari e li mangia come
un tarlo, senza procurare dolori.
«Sei stato all’ospedale?» «Si» «E che ti hanno detto?» «Che è mosca
ciclera» «Non ti hanno curato?» «No, perché avevano solo due pasticche
della cura e se le tenevano». La cura comprende un ciclo di circa 10
giorni e vanno prese 3 compresse di medicinale al giorno. Allora con
Ottavio cerchiamo di attraversare i muri umani che si paravano davanti,
alla ricerca di Ector, il promotore di salute della parrocchia, perché
portasse a questo individuo le medicine sufficienti. Lo si trova e così
il caso è risolto.
Si continua nei giri. Un uomo ci ferma, ci chiede dove deve andare a
votare perché non lo capisce bene dalla tessera che tiene in mano: in
effetti la tiene all’incontrario e anche noi abbiamo difficoltà a
leggerla perché non la molla. Perciò si manda dal ragazzo incaricato.
I bambini giocano tra di loro negli spazi liberi. Ottavio vede don Mingo (Domenico): que tal, que pasò?
Nella fila è piuttosto indietro, ma per fortuna la sua passa sotto
l’ombra di un albero, (pensate a quelli che sono sotto il sole diretto…)
è più di un’ora che è in fila e spera di raggiungere il seggio verso
mezzogiorno.
Intanto s’incrocia gente che ha già votato: «Hai compiuto il tuo
dovere?» dice Ottavio, «Si padre», e mostrano orgogliosi il dito nero,
che l’addetto ha fatto loro intingere nell’inchiostro, segno che ha
votato, e che durerà qualche giorno.
Usciamo dall’ampio recinto della scuola e percorriamo la via
principale. È piena di gente che va che viene, che compra, che mangia.
Sembra più che le elezioni il giorno del mercato, una specie di fiera
paesana. «Comiste? = mangiasti» dice Ottavio a un uomo che tutto soddisfatto biascicava non so cosa. «Si, Padre, ora vado mas adelante
(=più avanti) a un altro partito». Il fatto è questo: i vari partiti,
quelli più danarosi, organizzano per tutto il giorno la «comida», ossia
il pasto, e lo offrono ai loro elettori, ma la gente passa in rassegna
tutti i partiti dicendo che ha votato per esso, è una rara occasione per
potersi riempire la pancia. Un uomo trovato più tardi era già alla
«sesta comida», e non ci pensava per niente a smettere, proprio ora che
veniva il bello.
Racconto questi episodi per mostrare qualche quadretto della
quotidianità e della giornata elettorale, come ben si capisce diversa
dalle nostre, e mette in luce che qui la divisione partitica non divide
nessuno, ma come ben pensano i «politici», per la gente votare è quasi
un gioco, che per essi invece si traduce in un affare di milioni e
milioni di dollari: e così li fanno «giocare alle votazioni».
Verso le 11 il tempo si chiude e inizia a piovere, le file cominciano
ad agitarsi, ma reggono bene l’urto della pioggia, ma dopo mezz’ora è
una forma di diluvio e la gente è costretta a rompere le file. Non so
come poi si sono ricomposte.
La mattina vota il popolo dei villaggi e il pomeriggio vota il popolo
di Dolores, è una forma tacita di attenzione verso coloro che devono
subire il disagio di venire e tornare all’aldea.
Dai vari Barrios (=quartieri) di Dolores sale verso il centro una
fiumana di persone che va a ingrossare la ressa che già preme le strade
del paese. È veramente bello, è una scena splendida di questa umanità
che a gruppi, a famiglie (e qui sono numerose), a coetaneità, procede
verso i luoghi di votazione. Avete presente il famoso dipinto del
«Quarto stato» di G. Pellizza (1901), che capeggia tutte le sedi dei
lavoratori? Ecco più o meno la scena è simile, solo che qui la fanno da
protagonisti le donne e bambini. Io lo chiamerei il «5° stato».
Vanno tutti a fare – come si dice – il proprio dovere.
E anche qui c’è qualcosa di subdolo, come del resto anche da noi in
Italia. Infatti è vero che bisogna fare il proprio dovere. I politici lo
dicono, lo ribadiscono, lo martellano continuamente: tu hai il dovere
di votare. Ma io mi chiedo: Perché questo smisurato interesse del
politico perché tu vada votare, quando a lui non interessano né i
diritti, né i doveri, né le persone? È chiaro il potere si conquista
solo e soltanto se la gente va a votare: una volta manipolata, una volta
aggirata, una volta ingannata con populismo, demagogismo, con false
promesse, con illusorie attese… ora bisogna che cadano nella rete.
Dunque devono andare a votare, altrimenti il politico non avrà il potere
e non potrà fare legalmente quello che vuole. E ciò qui in Guatemala è
chiarissimo. Dunque: «vai a votare, altrimenti le illusioni che ti ho
proposto, come faranno a attuarsi?».
Ecco il «quinto stato»: una massa di umanità semplice e credulona va a
sottoscrivere le illusioni e le falsità che per mesi e mesi le sono
state dette e fatte credere.
Per questo allo Stato non importano piani di educazione, di
scolarità, di promozione umana, ma solo violenza, nemici, economia, e
quant’altro, ossia tutto ciò che arricchisce le lobby che hanno, in
queste campagne di falsificazione, investito molti soldi.
Il dovere di votare così si tramuta per il popolo in un capestro legalizzato!
Il pomeriggio lo passiamo con Ottavio in mezzo alla gente della
piazza, bellissimo miscuglio di volti, sorrisi, saluti… Splendida
immagine di una umanità che si parla, s’incontra, che si cerca: deve
ripartire verso le Aldee, e chiede dove possa trovare il carro-bestiame
che va verso Las Brisas e quello per Limones…
Si trovasse un politico che pensasse a servire questa umanità, a
portarla verso una convivenza di pace e di benessere. Ma non c’è niente
da fare: tutti vogliono il potere e non il servizio.
Com’è andata a finire la giornata delle votazioni? Ecco la domanda.
Alle ore 18 si chiudono le urne. E comincia l’attesa. Alle ore 0:55
botti di fuochi d’artificio svegliano tutti coloro che erano a letto.
Tra un botto e un trictrac si sentono voci di ragazzini che urlano:
Marvin, Marvin, Marvin!
Ecco chi ha vinto il posto di Alcalde (sindaco) di Dolores: Marvin
Cruz. Ha rivinto lo stesso sindaco di prima. E volete sapere come ha
rivinto?
Ho assistito a due momenti di propaganda elettorale.
Bisogna sapere che il Comune di Dolores è dotato di un grande salone
pubblico, che da circa 6 mesi a questa parte il Sindaco attuale, che è
il medesimo eletto di nuovo, ha sequestrato e lo usa solo per sé.
È venuto un candidato del PP (Partito Patriota) e il volpone del
sindaco è riuscito a cacciarlo in una specie di ampia stamberga e gli ha
fatto fare il comizio a poche persone, sebbene questo candidato
continuasse a urlare che era una violenza e un sopruso…
È venuto il candidato alla presidenza dello stato Baldizon in persona
(Partito Lider), e il volpone del sindaco ha fatto la stessa cosa, ha
negato l’accesso al salone e ha costretto Baldizon a parlare in una
piazza. Ma siccome in questo caso Baldizon richiamava folla e si faceva
sentire, ha organizzato blocchi stradali, (notate) mandando in mezzo
alle strade i bambini, inoltre ha disturbato in tutti i modi il comizio
con camion che passavano vicino alla piazza con altoparlanti a tutto
volume, e pagando una squadra di minitaxi (apini) che giravano facendo
rombare più che potevano i motori e trasportando dentro 3-4 ragazzini
che urlavano. Passavano a ondate facendo un frastuono infernale da
coprire tutti i volumi del comizio. Insomma se a un certo punto qualcuno
del comizio avesse cominciato qualche azione violenta, non ci sarebbe
stato niente da meravigliarsi.
Ma c’è di più è sei mesi che va in giro, perché la campagna
elettorale se la fa molta da sé, con una pistola in tasca e un
portafoglio pieno. Alcuni minaccia di eliminarli, la maggior parte li
compra. La gente è semplice e povera ha bisogno di qualche soldo per
mangiare, per curarsi, per saldare qualche debito, e l’astuto sindaco
usa il denaro pubblico per comprarsi i voti. Dai suoi tirapiedi fa
sorvegliare chi ha beneficato perché lo votino.
Senza scrupoli, ha fatto bruciare manifesti degli altri candidati
davanti a loro minacciandoli con l’arma. Insomma un vero bandito
elettorale.
La polizia è connivente, perché ha le sue ricompense, anche se
insieme agli uomini dell’esercito non hanno diritto di voto. Cosa
strana: anche i candidati ex militari mai hanno fatto una legge che
ammetta al voto i poliziotti e i soldati. È il Guatemala.
A Dolores dunque ha vinto praticamente l’unico candidato: Marvin
Cruz. Tutti sanno di questo suo autoritarismo, spregiudicatezza e
disonestà, ma bastano pochi soldi e diventa il benefattore.
Questo episodio – mutatis mutandis – è emblematico di tutti i politici più decisi e animosi, quelli che di fatto concorrono alla presidenza dello stato.
La corruzione qui non disturba più di tanto, la gente va a votare,
vota chi l’ha manipolata meglio, non sa cosa ci sarà nella scatola che
ha votato, e i «politici» fanno festa in una sala accanto che al popolo
non è concesso entrarvi.