Las Brisas: allevamento bovino, coltivazione canna da zucchero.
È due giorni che piove a diluvio. Le strade sterrate sono state lavate e il toyota fa fatica a passare tra i solchi, gli invasi, e i fiumi ingrossati.
Dopo un’ora e mezzo di sballotamenti si arriva a Las Brisas, ormai il mio stomaco ha preso il posto del chewingum, e non vedo l’ora di scendere. L’allevamento non è qui al villaggio, ma dice Juventino – il capo della cooperativa – è «cerca=vicino». Sappiate che questa parola è pericolosissima qui in Guate, perché non rende mai l’idea precisa. Infatti l’allevamento è a circa 50 minuti a piedi, per uno stradello di fango, o meglio vassapè-te, perché ci passano anche gli animali, e lo facciamo sotto una pioggerellina che va a aumentare le fanghiglia, che a volta sembra ingoiarti gli stivali. Mentre cammino per questa erta, mi chiedo che cosa trovano di poetico gli amanti del trekking: vengano a fare una camminata così, con gli stivali, con la pioggia, e con le zanzare e altri insetti che ti pizzicano continuamente!!!
Si arriva al posto. A dire la verità è molto bello qui. Siamo al margine di una zona lasciata a foresta, mentre dalla parte opposta s’intravedono i bellissimi monti maya. Mario con degli ululati primitivi cerca di richiamare la mandria che è sparsa. Le bestie cominciano a venire, ma sono solo 3 capi che si contendono il sacco di sale che gli viene dato contro le zecche. Il ragazzo più giovane, salta sul cavallo lì legato e come un vero cowboy va alla ricerca delle altre, e dopo un poco la mandria è lì davanti a noi. Bellissime bestie, il toro sovrasta le vacche con la sua statura e la sua mole, è nero e ha un testone che è quasi il doppio di quello della mucca.
Gli uomini mostrano la mandria contenti e soddisfatti. Stanno realizzando un bell’allevamento molto promettente. E ce lo spiegano.
La cooperativa comprende 30 famiglie. Il capo è Juventino che da come ha saputo gestire le cose e come le manda avanti è un lider piuttosto in gamba. Purtroppo manca don Felipe il più anziano che aveva un ruolo particolare perché era capace di motivare il gruppo e moralizzarlo, don Felipe è stato ammazzato nella corriera per Poptun durante un assalto.
La cooperativa comprende tre attività: l’allevamento bovino, la coltivazione di chacte, e la coltivazione della canna da zucchero. Questo permette alle famiglie di avere una buona rendita.
L’allevamento conta di 22 capi di bestiame, un cavallo, distribuiti su 25 ettari di terreno. Viste le vacche gravide sembra che vada ad aumentare.
Il gruppo ha mantenuto una parte della foresta dalla quale si approvvigiona il necessario, tra l’altro all’interno vi è anche una bella aguada, un invaso che prende acqua da una sorgente che sbuca proprio dalle radici degli alti alberi. Ci inoltriamo nella foresta: l’ambiente è bellissimo, visitiamo l’aguada, e proseguiamo per il sentiero della selva. In uno slargo un grande albero è stato abbattuto. Serve per fare il corral=recinto. È interessante, loro le tavole per fare il recinto le tagliano direttamente sul tronco abbattuto, con la motosega e l’ascia, senza portarlo da nessuna parte. Si esce dalla foresta e ritorniamo al nostro melmoso stradello che ora più che mai è pericoloso perché lo percorriamo in discesa, una scivolata su questa melma e si rischia il tetano, il colera, la poliomenite, e chissà cos’altro.
Torniamo a Las Brisas. Dopo il succoso brodo di gallina, reso nausebondo dallo xilantro, si torna al toyota dove si carica il tritacanna e il generatore a scoppio. Il gruppo infatti con il denaro guadagnato dal buon raccolto ha comprato questa apparecchiatura che permetterà loro di mandare in pensione il cavallo che girava il vecchio tritacanna manuale, e macinare la canna velocemente sì da aumentare la produzione. Arrivati allo slargo dove s’inoltra il sentiero per il campo di canna da zucchero, che si snodava affiancando la foresta che ora non c’è più, gli uomini si caricano dei pesi e partono, io li aspetto alla macchina, perché un’altra ora tra i campi non la reggo.
Quando ritornano, mi ringraziano, e ci tengono a sottolineare che è un ringraziamento a tutti gli amici del Guatemala, a quanti hanno creduto nel loro lavoro, alla FMPS che ha dato loro questa possibilità di avere un allevamento, insomma è un clima di gratitudine che si vede esser sincera e commovente, perché dal poco o nulla che avevano ora 30 famiglie hanno la possibilità di vivere dignitosamente.
Mi godo quest’ultima ora sballozzolando nel sedile del toyota, con il mio stomaco in bocca, ma sempre più normale dei trekking di queste parti.
MOPAN 3: Promozione agricola: campi a coltivazione differenziata (Alfonso 4 ettari)
Questa volta il luogo è vicino, solo mezz’ora di macchina su uno sterrato ancora discreto. Abbiamo i fedeli stivali, e andiamo da Alfonso, il quale desidera portarci al suo terreno.
Il toyota si ferma nel campo sportivo, vicino alla capanna di Alfonso, che però è al campo. Ci mettiamo gli stivali perché per arrivarci dobbiamo attraversare il fiume Mopan.
Siccome è piovuto molto e i fiumi sono cresciuti, mandiamo un ragazzino a vedere se è guadabile. Mentre ci sistemiano quello va e torna: si, è guadabile, l’acqua arriva agli stinchi. Bene dice Ottavio, allora si va. Chiedo al bimbo «te ci sei entrato?» «No»,e allora di quali stinchi si parla dei nostri o di quelli del cavallo. Una signora fuori della capanna ci invita ad accomodarci, così facciamo, dato che non c’è neppure Alfonso. Passano pochi minuti quando Alfonso sbuca dalla boscaglia con in spalla un casco di platani. Appena arriva da noi gli diciamo: «allora si va?» «Si va dove?» Dice lui, e mostra la riga precisa di quanto è alto il fiume: esattamente due dita sotto la cintola. Rinunciamo a guadare il fiume. E andiamo alla ciampa-capanna di Alfonso. Niente trekking oggi. Alfonso appena sa che sono il presidente degli Amici del Guatemala si dà un po’ di formalità, e invita anche la moglie ad essere presente. Prima di tutto ringrazio – dice – tutte le persone dell’Associazione che mi hanno dato l’oppurtunità di migliorare la mie condizioni di vita, ringrazio per la generosità, e ci tengo a dire che quanto mi sono impegnato con p.Ottavio e la promozione agricola lo mantengo.
Alfonso aveva avuto un primo aiuto quando insieme ad altre famiglie aveva richiesto un sostegno perché potessero sviluppare un nutrimento più ampio e integrativo della solita alimentazione a base di mais e fagioli. In quella prima circostanza potè piantare nel poco terreno che aveva dietro la capanna un nutrito numero di alberi di agrumi vari, e anche altri alberi da frutto, tipo mango, papaia, banane. Sembra poco ma alla sua famigliola permise di nutrirsi di frutta fresca, e rinunciare a tante polverine che qui mettono nell’acqua per darle una colorazione. È come se a Fiuggi comprassero le bustine di idrolitina, ma tant’è.
E andiamo a vedere l’orto ricco di tante cose anche di caffè.
Poi parla del secondo aiuto ricevuto. Lui arrivato a Mopan 3, non aveva terreni suoi ne ha affittato uno a circa 2 ore di cammino per andare e circa 2 ore per tornare: una pazzia! Ma la miseria è questa. Due o tre anni fa un uomo lasciava e vendeva un terreno al di là del fiume, a soli 15 minuti da casa… dove dovevamo andare. Alfonso chiese a p.Ottavio il contributo per comprare il terreno che lo avrebbe sfruttato insieme ad altre 3 famiglie. Il gruppo promise e mantiene gli impegni soprattutto 2: migliorare il modo di vivere, potendo guadagnare dal raccolto per abbondanza e diversità di prodotti; e coinvolgere nel lavoro tutta la famiglia.
Questo secondo punto si capisce pensando che qui in Guate le donne stanno nella capanna a fare: figli, il mangiare e lavare. Invece Alfonso ha coinvolto tutta la sua famigliola, la moglie e i figli più grandi gli danno una mano, anche se lui fa la parte più grossa, e la moglie ha tempo di fare qualche figlio. Così le altre 3 famigliole. Cercano un po’ di spezzare mentalità primitive e permettere una vita più responsabile per tutti. Ora ringrazia che gli abbiamo dato questa possibilità e si sente soddisfatto del suo lavoro, al punto che è anche uno dei coltivatori che fanno il mercatino di Dolores, come si dice in Italia, a Km zero.
SAN LUCAS: Progetto della Mucca Gravida.
Si risale in macchina e via verso S.Lucas. Alcuni uomini sono radunati sotto un grande albero proprio dove il fiume Xaan curva nel suo zigzagare per la valle. Fermiamo lì il Toyota e si scende. Tutti vorrebbero portarci a vedere quanto hanno fatto, tra l’altro ci sono stato proprio a febbraio di quest’anno. Ma don Felipe il capo della cooperativa assegna il primo posto a Santos un giovane che ha ricevuto il contributo proprio poco tempo fa e ha comprato la sua mucca gravida che da pochi giorni ha partorito il vitellino. Mentre gli uomini parlano con Ottavio, io guardo ammirato le belle e alte colline che sovrastano questa bella Aldea. Sono coltivate a mais nonostante la pendenza vertiginosa, ma come fanno ad andare e seminare?!?! Ottavio mi richiama: Athos dobbiamo andare con Santos dalla sua vachita. Bene, andiamo. Per dove? E Ottavio: Arriba! Arriba vuol dire «su, in alto». Mi si trafigge il cuore… dobbiamo scalare la collina proprio di fronte. «Està cerca=è vicina». Vicina un accidente, è una salita del 6° di alpinismo. Vabbè, partiamo il solito stradellino che s’inerpica subito, non mi dà neppure il tempo di scaldare il muscolo. È come salire ripide scale, solo che il fango di questi giorni non permette allo stivale la presa, per cui del passo fatto circa la metà riscivola indietro. Non dico parolacce perché non sono avvezzo, ma insomma qualch’una per la mente mi ci passa. Come Dio vuole si arriva in cima, Santos tutto bellino e tranquillo ci mostra soddisfatto la mucca e il vitellino che insieme mangiano tranquilli nel bel prato.
Io ripiglio fiato e scatto un po’ di foto. Poi mi rivolgo a Santos: scusa ma come hai fatto a portare qui la mucca che tra l’altro era anche gravida. E lui: per lo stradellino, è naturale!
Il posto come al solito è bello da una parte e dall’altra, ma insomma queste mucche che sanno fare alpinismo, non le sopporto. Riscendiamo velocemente perché è quasi una pista da sci, e recuperiamo gli altri uomini, per andare a vedere una mucca che a febbraio non avevamo visto. Vista e fotografata mucca e vitello ormai cresciuto, si torna al toyota. Mentre risaliamo nel toyota, un vecchietto ci dice che anche lui vuol farci vedere la sua mucca col vitello ormai cresciuto. Riscendiamo dalla macchina e seguiamo il nonnetto. Solita scampagnata per i campi, poi dobbiamo fermarci a distanza perché altrimenti il toro s’innervosisce. Vabbene ci fermiamo, faccio qualche foto a distanza, ritorniamo per il campo stando attenti a non pestare qualcosa di grosso. Si risale di nuovo in macchina si gira e fatti 20 metri – dico venti, ma non lo erano – vicino al filo spinato che fiancheggia lo sterrato chi c’è? La mucca e il vitello del vecchietto. Mando un accidente al vecchietto, che ci ha fatto fare un giro pesca, quando la mucca era lì.
In sostanza il progetto va molto bene. Quasi circa 22 famiglie di S.Lucas hanno la mucca e il vitellino, che servono la prima per il latte per il fabbisogno della famiglia, e il secondo per ampliare il parco mucche oppure per qualche scambio.
Il gruppo degli uomini prima di ripartire, ci tengono a ringraziare chi ha fiducia in loro e li aiuta col necessario perché anche le loro famiglie possano avere una vita un po’ migliore, e permettere loro di fermarsi su queste terre, senza doversi aggiungere a tutti quei disperati in fuga verso le baraccopoli delle città.