Ricordate che alcuni anni fa, mi pare nel 2008/9, abbiamo inviato
lettere di protesta per quanto lo stato guatemalteco faceva nella zona
dell’ alto Peten proprio al confine col Messico-Yucatan?
Ebbene si danno sviluppi di quella situazione che sembrava obliata.
E’ proprio di pochi giorni fa, e penso la notizia sia uscita su molti
giornali – spero anche – italiani che il Governo Messicano ha inviato
viveri e tende ad alcune migliaia di profughi guatemaltechi fuorisciti
dai confini di stato e dispersi in vari gruppi nella selva lacandona tra
Messico e Guatemala.
Pensavo e speravo di poter andare anch’io domani (lunedì 12) con
Ottavio a portare loro viveri da parte del Vicariato Cattolico del
Peten. Ma il Vescovo ha inviato un catechista di Flores. Peccato,
sarebbe stata una bella esperienza!
Vi riassumo i fatti e quello che sta accadendo.
Circa 30 comunità abitavano in una zona del Peten che fa angolo col
Messico nel sud dello Yucatan. Questa zona chiamata «laguna del tigre»
circa 13 anni fa fu dichiarata Zona Protetta e parco nazionale che
nessuno doveva abitare o lavorare. Le 30 comunità ivi residenti con
decreto legislativo sarebbero dovute evacuare e lo Stato s’impegnava a
dare loro un altro luogo dove abitare e terreno da coltivare. Nonostante
le leggi firmate e controfirmate, lo Stato mai ha concesso niente, mai
ha dato loro altri terreni, ma inviava costantemente ordini di sfratto.
Questo perdurare di cose ha creato un clima conflittuale tra le comunità
che richiedevano «dove dovevano andare» e lo stato che rispondeva che
se ne dovevano andare… e su questo niente di nuovo. Il nuovo è
subentrato dopo la fine della guerra interna. Infatti altri gruppi sono
entrati nella zona esclusiva e assolutamente intoccabile. Questi gruppi
sapevano cosa andavano incontro, ma d’altra parte la fame non guarda
confini. Il conflitto si è acceso perché lo Stato ha colto l’occasione
per scatenare un’offensiva contro tutte le comunità ivi residenti,
quelle regolari e quelle irregoalari.
Cerchiamo di capire le ragioni. Il Peten è considerata zona ottimale
per il narcotraffico e per far passare il flusso della droga tra sud e
nord America. E come tutti sapete vi sono in corso veri e propri
conflitti tra cartelli per cercare di dominare il territorio. Questi
cartelli hanno delle coperture, e diciamo viceversa: coprono, tante
famiglie qui della zona, le più potenti sono 4, le quali tramite le loro
proprietà permettono di oscurare il flusso di droga e di uomini, e dai
cartelli della droga hanno protezione e soldi e loro riciclo. Mi diceva
Ottavio che lo stesso Stato ha emesso – circa due annifa – una mappa sia
delle famiglie sia dei movimenti narcos di tutto il Guate, con nomi e
cognomi. Questa mappa ben documentata sta alla Capitale, e nessun fa
niente: sembra – dice Ottavio – che sia una specie di carta geografica
della delinquenza fatta per tutti coloro che decidendo in quale gruppo
di delinquenza mettersi a lavorare possano scegliere il migliore.
Insomma un documento per tutti quei buoni cittadini che volendosi
mettere nella malvivenza possano scegliere bene il gruppo migliore. Dice
sempre Ottavio, che in questo documento ci sono citate tutte le
famiglie più alte, e anche chi hanno nei loro libri paga, e qui
interessante vi sono quasi tutti i politici che corrono per la
presidenza.
Ma questo non sembra scandalizzare nessuno. Quando fu rieletto Rios
Montt lui stesso diceva nei comizi che aveva ucciso “solo” due uomini e
per autodifesa… e vinse le elezioni.
Andiamo avanti. Nel 2001 truppe americane occuparono alcune zone
della «Laguna del tigre» perché dovevano proteggere le imprese
petrolifere. E il governo che non sapeva nulla, visti i fatti concesse
in più la licenza ad altre compagnie petrolifere di aprire i pozzi.
Le 30 famiglie in via di sfratto si inalberarono: come a noi ci
mandate via perché è una zona intoccabile e inaccessibile, e poi date
licenza alla distruzione di ampie zone forestali per le società
petrolifere.
A questo punto le trattative cambiarono linguaggio, da una
accettazione di quanto sottoscritto con lo Stato, le comunità non se ne
sarebbero andate senza non solo aver una zona dove andare, ma anche alla
condizione che dovevano andarsene anche le società. Altrimenti la legge
valeva solo per le comunità e non per le multinazionali.
Allo Stato non interessa niente della gente: a livello internazione
sottoscrisse una delibera, che vale come legge internazionale, che ogni
qual volta si tocca un territorio si doveva consultare le comunità lì
presenti, che avevano diritto di voto. Legge mai applicata, anzi ritorta
spesso contro le stesse comunità.
Ultimamente il Governo Colon ha rinnovato il permesso di sfruttamento
alle società petro. A questo punto le comunità hanno esigito che si
presentasse il Governatore del Peten per discutere il problema. Ci sono
stati dei disguidi, ma in sostanza procurati dal Governatore che vi è
andato ma poi si è pentito ed ritornato via.
Le 30 comunità per farsi prendere inconsiderazione sequestrarono 2
rappresentanti dei diritti umani, che sono lì non si capisce a fare
cosa, e dissero che li avrebbero liberati quando il Governatore si
faceva vivo. Se ricordate, si fece vivo eccome: inviò le truppe, qualche
carro armato, un po’ di cingolati, e «liberò» i 2 osservatori uccidendo
due uomini «armati», si di machete che qui lo tengono anche i bambini.
Tra l’altro anche gli osservatori erano in un certo senso consenzienti
al gioco. Comunque il fatto cambiò le carte in gioco perché venne fuori
da parte del Governatore, e del capo dello Stato Colon l’accusa che
queste comunità erano colluse col narcotraffico e coprivano di fatto i
cartelli di trafficanti.
Qui entra in gioco un elemento nuovo «l’accusa di narcotraffico». Il
Governo si è sempre reso conto di stare della parte del torto, e da
quello che si vede non gliene può fregar di meno, però a livello
internazionale è sempre un neo. Il fatto ora di poter accusare comunità
di essere colluse col narcotraffico, come si dice: lo ripulisce, gli dà
una veste legale, e lo autorizza a intervenire con ogni mezzo. Uno Stato
che attacca la sua popolazione è dittatoriale e sanguinario, uno Stato
che elimina i narcotrafficanti è un benefattore non solo per sé, ma
anche per tutti gli stati connessi col problema.
Questo, in modo diverso, e rinnovato permette allo Stato guatemalteco
di ritrovare i «sani e efficaci» metodi usati nel passato, durante la
guerra, e poi «purtroppo» in disuso. Ora invece è possibile di nuovo
dispiegare l’esercito per la foresta, fare retate e distruggere i
villaggi (così ha fatto) di questi cattivi narcotrafficanti, e cacciarli
dalle terre superprotette, intoccabili e inviolabili, che possono
essere accessibili solo a società petrolifere e minerarie. Perchè queste
non devono avere problemi nel distruggere la zona della foresta ben
protetta e intoccabile.
In ragione di queste cose, insomma, alcuni gruppi di persone cacciate
dai loro villaggi sono di nuovo (come durante la guerra) scappate oltre
confine, in Messico. E lì abbandonate a se stesse, alla fame, alle
intemperie, uniche cose che avevano erano dei teloni di plastica.
Il Governo Messicano è di nuovo intervenuto ha portato soccorsi, e ha
sollevato il problema internazionale, e così si è venuto a sapere… Il
governo Guatemalteco ha risposto: o cosa succede, non ne sapevamo
nulla!? Come è potuta accadere una cosa del genere!?!? Prenderemo subito
provvedimenti. Nel senso affari vostri! E così è stato. Quelle persone
sono ancora in territorio messicano e gli unici aiuti per loro stanno
arrivando dalla charitas della chiesa cattolica del Vicariato del peten,
e dal governo messicano.
Mi sono perso una bella esperienza di vita.